GIUDIZIALECONSULENZA LA BANCAROTTA FRAUDOLENTA E IL CONCORSO DELL’EXTRANEUS.
La V sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 42572, lo scorso 7 ottobre si è pronunciata in merito al reato di bancarotta fraudolenta affermando che il cessionario della societá fallita, unitamente al consulente che sovraintende alla conclusione dei relativi contratti, risponde di concorso esterno in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, laddove sia provato il contributo apportato all’operazione fittizia.
Alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimitá, che disciplinano il concorso del c.d. extraneus nei reati fallimentari propri commessi dall’amministratore di fatto o di diritto della societá fallita, si può affermare che é configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, quando la condotta di quest’ultimo sia stata efficiente per la produzione dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontá di aiutare l’imprenditore in dissesto a pregiudicare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori.
In particolare, sotto il profilo oggettivo, il soggetto esterno alla societá può concorrere nel reato proprio tramite una condotta agevolativa di quella dell’intraneus, purchè consapevole della sua funzione di supporto alla “distrazione”, intesa quest’ultima come sottrazione e depauperamento del patrimonio sociale, in caso di fallimento, ai danni dei creditori.
Sotto il profilo soggettivo, invece, il dolo dell’extraneus concorrente nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, non richiede la prova del previo accordo con l’intraneus. Infatti, è sufficiente la volontá della condotta di apporto dell’extraneus a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non richiedendosi dunque la specifica conoscenza del dissesto della societá.
Inoltre, la giurisprudenza precisa che il dolo può desumersi, anche implicitamente, dall’esame delle circostanze concrete o dal mero contegno omissivo serbato dal fallito in violazione agli obblighi di verità sanciti dall’art. 87 della legge fallimentare.
In tale sentenza, la Corte Suprema, ha valorizzato la vicinanza temporale delle operazioni di cessione, i vincoli di conoscenza con il fallito, il mancato pagamento di un prezzo congruo e la distrazione di rilevanti commesse trasferite a una costituita newco, rilevando l’attuazione di un’operazione sostanzialmente fittizia.
Dunque, la Corte di Cassazione con tale pronuncia, ha ribadito che “integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo d’azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale, specificatione del consolidato principio per cui costituisce attività distrattiva anche l’operazione con la quale si estrometta un bene dal patrimonio dell’impresa senza che l’equivalente entri nel patrimonio acquisito al fallimento”. In tal caso infatti si realizza uno svuotamento del patrimonio della societá fallita.
Peraltro, la censura mossa viene estesa anche “al contratto di locazione connotato da un canone sensibilmente inferiore a quelli di mercato” stipulato “al fine di mantenere la disponibilità materiale dell’immobile locato alla famiglia del titolare della societá fallenda”.
Sulla stessa linea interpretativa si collocano, inoltre, le decisioni della Suprema Corte in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rispetto alla quale per il riconoscimento del concorso dell’extraneus non é richiesta la specifica conoscenza del dissesto della societá, in quanto il dolo risulta integrato dalla volontà della propria condotta di sostegno a quella dell’intraneus purchè abbia consapevolezza dell’incidenza della sua condotta (sul versante della regolaritá e correttezza della rappresentazione documentale della societá poi fallita) tale da rendere o poter rendere impossibile o difficile la ricostruzione delle vicende del patrimonio del fallito.
dott.ssa Mariagrazia Broccia