Cassazione n. 39077/2018: l’assoluzione determinata dalla scarsa credibilità di una dichiarazione, in caso di appello del Pubblico Ministero, comporta che il giudice del gravame è tenuto a rinnovare l’istruttoria dibattimentale.
La seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Firenze, con la quale la stessa aveva fatto diniego alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in relazione all’escussione della persona offesa, le cui dichiarazioni erano state ritenute inattendibili dalla Corte territoriale e pertanto decisive per l’assoluzione dell’imputato. Sul punto la Corte distrettuale ha argomentato sostenendo che le dichiarazioni di altro testimone in un diverso procedimento, che avrebbero dovuto riscontrare quelle della persona offesa, non costituirebbero nuova prova ai sensi dell’art. 603, comma secondo, del codice di rito, bensì ritrattazione delle dichiarazioni rese nel procedimento de quo.
I Giudici di legittimità hanno censurato tale assunto poiché, ad avviso del Supremo Collegio, le dichiarazioni rese dal teste in altro procedimento non sono qualificabili come una mera ritrattazione bensì si tratterebbe di vere e proprie nuove prove. Conseguentemente, risultava illegittimo il diniego, della Corte di Appello, alla nuova escussione della persona offesa nonché del teste escusso nel connesso procedimento penale, che aveva suffragato le dichiarazioni rese dalla persona offesa.
La Corte di Cassazione richiama i principi espressi in un precedente arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite (sent. n. 27620/2016) secondo il quale il giudice di appello non può riformare la sentenza assolutoria impugnata dal P.M. senza aver preventivamente rinnovato l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei testi che abbiano reso dichiarazioni decisive sui fatti del processo, e pertanto determinanti ai fini del giudizio di assoluzione, in ossequio al disposto di cui all’art. 6, par. 3, lett. d, della CEDU.
La Suprema Corte afferma che, i suddetti principi trovano, specularmente, applicazione nel diritto della parte pubblica ad ottenere il riesame dei testi e la valutazione degli elementi di prova sopravvenuti, dopo la sentenza di primo grado, che possano condurre ad un diverso apprezzamento della prova dichiarativa svalutata nella sentenza di primo grado.
Peraltro, tale assunto ha, di recente, trovato consacrazione nell’art. 603, comma 3 bis c.p.p., introdotto dalla legge 103/2017.
Per concludere, il supremo consesso ha anche precisato che, al fine di introdurre le dichiarazioni potenzialmente rilevanti di un teste di un procedimento connesso nel giudizio, non può prescindersi dalla diretta assunzione del dichiarante nel successivo giudizio di appello, onde consentire l’accertamento dell’attendibilità dello stesso in ragione del principio del libero convincimento del giudice.
Dott. Gaspare Tesè