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La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha depositato una sentenza, nel ricorso n. 44221/14, di grande valore giuridico perché nell’affermare la violazione dell’art. 6 della convenzione europea, apre un nuovo fronte di censure legate alla violazione del principio dell’equo processo.
La vicenda in esame riguarda un ricorso presentato da un cittadino italiano per violazione degli articoli 6 e 7 della convenzione europea. Al ricorrente non gli erano state riconosciute le attenuanti generiche. La CEDU nel ribadire che non vi è stata violazione dell’art. 7 rileva la violazione dell’art. 6 (equo processo) condannando l’Italia.
Si tratta di un vero e proprio smacco ai giudici italiani perché la CEDU ha ribadito un principio spesso invocato, ma inascoltato, dagli avvocati ossia la indicazione delle motivazioni che portano a non accogliere una istanza difensiva soprattutto in materia di circostanze. La S.C., infatti, aveva omesso di spiegare le ragioni che la inducevano a ritenere inammissibile il ricorso pur avendo il cittadino il diritto di sapere perché le attenuanti generiche richieste non gli erano state riconosciute.
Posizione non condivisa da Strasburgo che ha ritenuto che la vicenda legata al riconoscimento delle circostanze attenuanti esigeva «una risposta specifica ed esplicita».
on. avv. Giuseppe Scozzari