#Bancarottaperdistrazione #postfallimentare #nessunreato
La Cassazione precisa che necessita la distinzione tra costi e ricavi.
La Cassazione con la sentenza 15650 del 21.05.2020 nell’accogliere il ricorso proposto da un imputato dichiarato fallito, ha precisato che per ritenere sussistente il reato di bancarotta post fallimentare per distrazione, non ci si può limitare – come nel caso in esame – ad accertare l’avvenuto utilizzo di proventi societari per il sostentamento proprio e della propria famiglia, ma serve un quid pluris, ossia bisogna accertare che vi sia stata concreta sottrazione di somme, tale da superare il limite massimo di cui alla legge fallimentare (art. 46).
Il reato di bancarotta post fallimentare si concreta nella distrazione delle somme pervenute al fallito successivamente alla dichiarazione di fallimento, nel caso in cui queste superino la somma assegnata dal giudice per l sopravvivenza del fallito e della sua famiglia.
In assenza di una determinazione del giudice l’utilizzo di proventi da parte del fallito non integra il reato di bancarotta per distrazione.
La Cassazione specifica che non vanno versati i ricavi ma i guadagni nella misura indicata dal giudice delegato, precisando che in ogni caso, l’eventuale superamento del limite va concretamente accertato non essendo sufficiente la presunzione di superamento di tale limite, dalla semplice condotta di prensione del denaro.
on. avv. Giuseppe Scozzari