Dichiarazioni infedeli: la sussistenza del reato va verificata quantificando l’imposta evasa da ciascun socio. #cassazione #reatitributari #dichiarazioneinfedele
Con la sentenza n. 31195/2020, la Corte di Cassazione, sezione III penale, ha statuito che nel caso di reato di dichiarazione infedele (articolo 4 del D.lgs. n. 74/2000) commesso da società personali, la sussistenza del reato va verificata quantificando l’imposta evasa da ciascun socio.
Nel caso al vaglio della III sezione penale della Corte, il tribunale del riesame confermava il sequestro preventivo ai fini di confisca per il suddetto reato ascritto ai soci/amministratori di una Sas. Gli stessi, nel ricorso per cassazione, lamentavano invece la mancata analisi dei redditi e la conseguente asserita violazione in capo ai singoli soci.
La Suprema Corte – pur respingendo il ricorso – ha offerto una corretta e coerente interpretazione della norma, stabilendo che il reato di dichiarazione infedele può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della Sas ma che, in tal caso, l’imposta sui redditi evasa deve essere calcolata avendo riguardo al reddito dei singoli soci.
Tale decisione, rivoluzionaria anche rispetto al precedente contrario indirizzo espresso nella sentenza n. 19228/2019, fornisce un condivisibile orientamento, favorevole ai contribuenti: invero, riferendosi alle singole dichiarazioni dei soci, per configurarsi il reato, ciascuna di esse dovrà sottrarre a tassazione almeno € 100.000 di Irpef.
Dr. Roberto Sciacchitano