CANONE IDRICO DIMEZZATO SE L’ACQUA FORNITA NON E’ POTABILE (Tribunale di Nuoro sentenza n. 412/2023)
Con la sentenza n.412/2023 il Tribunale di Nuoro è intervenuto sulla questione relativa alla fornitura e alla qualità dell’acqua destinata al consumo umano; detta sentenza, si pone fra la vecchia (d.lgs. n. 31/2001 abrogato) e la nuova disciplina (d.lgs. n. 18/2023, in attuazione della direttiva europea 2020/2184) entrata in vigore nel marzo del 2023.
Brevemente, il nuovo d.lgs. n. 18/2023, oltre a prevedere responsabilità e sanzioni in capo al proprietario dell’immobile o all’amministratore di condominio (in relazione alla fase della “distribuzione interna”) e in capo alla responsabile della fornitura e distribuzione idrica (in relazione alla fase della “distribuzione esterna”), ha l’obbiettivo di garantire che l’acqua sia salubre e pulita, non deve contenere microrganismi, virus o parassiti, né altre sostanze in quantità tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.
La vicenda sottoposta al vaglio del Tribunale di Nuoro, iniziata sotto la vigenza della precedente normativa, vedeva coinvolto un condominio (residence) di 90 appartamenti e la società di fornitura dell’utenza idrica. I condomini, vista l’esosità e la non potabilità dell’acqua fornita, non avevano pagato il canone idrico e, pertanto, la società fornitrice aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio.
L’amministratore del condominio, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, aveva eccepito le doglianze suddette innanzi al Tribunale e chiedeva una riduzione del prezzo e un rimborso per l’eventuale eccedenza pagata. La società idrica, da parte sua, respingeva ogni responsabilità sulla potabilità dell’acqua, e attribuiva il problema alla cattiva manutenzione delle reti comunali.
Dopo una consulenza tecnica, il Tribunale accertava che il contatore del condominio funzionava correttamente e che non vi erano perdite nelle condutture; inoltre si riconosceva che l’acqua fornita non era potabile come dimostrato anche dalle ordinanze comunali.
Alla luce di quanto emerso, il Tribunale concludeva statuendo che: l’acqua destinata al consumo umano deve essere potabile, idonea per la preparazione di cibi e bevande, e non deve rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana pertanto, se il fornitore non rispetta queste condizioni e non dimostra di aver fatto tutto il possibile per risolvere il problema o di aver impiegato la necessaria diligenza per rimuovere gli ostacoli frapposti all’esatto adempimento, è ritenuto responsabile; nel caso in esame ciò non era avvenuto, quindi il decreto ingiuntivo veniva revocato e al condominio veniva riconosciuto il diritto di pagare una somma ridotta (del 50% circa) del canone idrico.
Avv. Biagio Cimò