Amministrativo ambientale: Il responsabile dell’inquinamento risponde anche alla sola presenza di indizi.
In materia ambientale, com’è noto, uno dei principi che governa il settore è quello del “chi inquina paga”, sancito dalla normativa nazionale, europea ed internazionale.
Tuttavia, spesso risulta estremamente difficoltoso procedere all’individuazione del responsabile dell’inquinamento, come nell’ipotesi, finita sui banchi del Consiglio di Stato e decisa con la sentenza n. 7121 del 16.12.2018, di cessione di un ramo di azienda.
Ed è proprio quando non è possibile individuare con certezza il responsabile dell’inquinamento che il principio “chi inquina paga” rischia di essere vanificato.
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7121/2018 ha risolto un contrasto giurisprudenziale in merito all’applicabilità del suddetto principio. Secondo un primo orientamento, fatto proprio dalla difesa, in base al principio “chi inquina paga” sarebbe responsabile solo colui che “abbia … in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità” (Cfr. Cons. di Stato, VI, 5 ottobre 2016, n. 4119).
Per un secondo orientamento, invece, al fine di accertare la sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale svolta nell’area ed inquinamento dell’area medesima trova applicazione il canone civilistico del “più probabile che non” (Cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5668/2017).
Il Consiglio di Stato ha, pertanto, aderito a tale orientamento precisando che, ai fini dell’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento, la giurisprudenza amministrativa, suffragata anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, esclude l’applicazione dei canoni penalistici dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha puntualizzato che, al fine di presumere l’esistenza di un nesso di causalità, tra la produzione del rischio ed il verificarsi dell’evento, occorre che vi siano indizi plausibili in grado di dar fondamento alla presunzione di responsabilità del soggetto individuato, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato, nonché la corrispondenza delle sostanze inquinanti ritrovate con quelle prodotte.
In conclusione, il Consiglio di Stato con la sentenza in commento ha notevolmente alleggerito l’onus probandi” in capo all’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale.