#omessadichiarazione – #oneredellaprova: incombe sul P.M. l’onere di dimostrare la mancata presentazione del #modello730
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8340 del 02.03.2020 della III sezione, ha precisato che, “il termine dilatorio di novanta giorni, concesso al contribuente – ai sensi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, comma 2 (e, in precedenza, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 7) – per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario non si configura quale causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all’obbligo dichiarativo, e per individuare il momento consumativo del reato di omessa dichiarazione previsto al citato art. 5, comma 1”.
Pertanto, trattandosi di reato omissivo caratterizzato dall’istantaneità, il reato di cui all’art. 5, comma 1 del D.lgs. 74/2000 si consuma alla scadenza del termine di novanta giorni decorrenti dalla data di scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale.
Alla luce di ciò la III sezione della Suprema Corte di Cassazione ha affermato un importante principio di diritto secondo cui, “in relazione al delitto di omessa dichiarazione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 1, poichè il reato si consuma alla scadenza del novantesimo giorno dal termine ultimo stabilito dalla legge, ai fini fiscali, per la presentazione della dichiarazione annuale, incombe sul pubblico ministero la prova che, entro tale termine, l’agente non abbia presentato la dichiarazione annuale”.
Avv. Gaspare Tesè
Continua#Estorsionemafiosa #scriminante #reatobancarotta
Con una importante sentenza (n. 9395/2020) la Cassazione ha statuito che l’imprenditore che subisce il reato di estorsione non può essere condannato perché la semplice prospettazione verbale di conseguenze sfavorevoli, fatte in un determinato contesto mafioso, ha i “connotati di serietà, gravità e consistenza tali da determinare un’azione imposta dall’esigenza di salvare l’autore dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”. Nella sentenza in commento la S.C. pone anche la differenza sostanziale con il reato di usura, precisando che in quest’ultimo caso la persona offesa si sottopone ed espone volontariamente al pericolo.
Avv. Giuseppe Scozzari
Continua#Coronavirus #camminata #possibileMa..
In questi giorni riceviamo decine di telefonate per sapere se possibile andare a fare una camminata. Sembra una cosa da poco innanzi il “Virus Monstre” che sta mettendo in ginocchio l’intero Paese. In realtà c’è un aspetto che non può essere oggetto di scherno né di ironia di basso profilo, oltre alla salute fisica aggredita dal virus c’è un aspetto che attiene alla salute psichica di quanti ci troviamo a vivere in uno stato di sostanziale coprifuoco, soprattutto se da sempre sportivi. Bisogna anche evitare che finito il virus ci si trovi innanzi un immenso popolo destabilizzato bisognoso di cure psichiatriche. Lo sport è un antidoto importante che non può essere sottovalutato, tenendo sempre presente come primario valore assoluto la salute fisica. Non è un caso che tutti i più autorevoli quotidiani nazionali hanno dedicato un paragrafo apposito al tema.
In sostanza la CAMMINATA si può fare lo consente il DPCM del 9 marzo 2020, art. 1 co. 3° che testualmente recita: “Le attività motorie all’aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro”. Tutto ovviamente va fatto cum grano salis, dicevano i latini, ossia la camminata diventa vietata se fatta in un luogo in cui tutti camminano, creando assembramenti involontari ma esistenti, ad esempio: Parco della Favorita (Palermo); Parco Sempione (Milano); Villa Borghese (Roma); ecc…
Il buon senso non ci deve mai abbandonare quindi cercare posti in cui non c’è gente o poca gente, rispettando rigorosamente le distanze. La violazione di queste basilari prescrizioni ha giustamente indotto le Forze dell’Ordine ad elevare le sanzioni, di cui si è già pubblicato.
Quanto alle fonti consultate per la redazione di questo parere, oltre al DPCM, per tutte si indicano: a) La Repubblica del 12.03.2020, pag. 7 (Alessandra Ziniti); b) il Sole24Ore del 12.03.2020, pagina “attualità”. Da fonti sembra che il Governo a breve diramerà un aggiornamento sul tema.
Lo studio, pertanto, consiglia di attenersi scrupolosamente ai decreti governativi per evitare il rischio di incorrere in condotte penalmente rilevanti in spregio alla salute ed alla sicurezza pubblica.
Continua#Sospensione #Responsabilitagenitoriale #Dirittocivile
La Corte di Cassazione, I sez. civile, con la sentenza n. 5604/2020, interviene sul delicato tema dell’affido congiunto dei figli chiarendo che anche nei casi di conflittualità tra genitori è sempre preferibile mantenerlo “nei limiti di un tollerabile disagio per la prole”, l’affido però va revocato se “si traduce in forme atte ad alterare ed a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli e, dunque tale da pregiudicare il loro interesse”.
La vicenda, oggetto della pronuncia, coinvolgeva una coppia di ex conviventi more uxorio che chiedeva l’affido congiunto del loro figlio minore, ma il Tribunale di Roma rigettava la domanda e disponeva la sospensione della responsabilità genitoriale perché dall’istruttoria della causa aveva registrato una costante conflittualità della coppia, gravemente lesiva della serenità psico-fisica del minore.
La Corte d’Appello, sulla stessa scia confermava la decisione del Tribunale e disponeva altresì l’affidamento del minore al Comune di Roma, la determinazione in euro 650,00 di contributo mensile dovuto dal padre per il mantenimento e le spese di straordinaria amministrazione a carico di entrambi i genitori nella misura della metà.
La Suprema Corte ribadisce che l’interesse del minore è sempre da tutelare e prediligere unitamente al suo corretto sviluppo psico-fisico, rilevando che nel caso di specie, nessuno dei due genitori è assolutamente in grado di garantirlo.
Questo il quadro familiare che i giudici di legittimità hanno definito “desolante” per cui, anche sulla scorta delle relazioni dei Servizi sociali, hanno confermato la pronuncia della Corte d’Appello per l’affido del minore presso il Comune di Roma.
In tale drammatico contesto i genitori rischiano la sospensione della responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli a terzi soggetti.
ContinuaRelazione illustrativa relativa al Disegno di legge di conversione del Decreto Legge 08/03/2020 n. 11, recante misure straordinarie per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID 19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria.
Con il decreto legge dell’08/03/2020 n. 11, il Governo ha introdotto misure straordinarie ed urgenti al fine di contenere, anche nell’esercizio dell’attività giudiziaria, gli effetti dell’emergenza epidemiologica derivante dal cd. Coronavirus.
Sin dall’entrata in vigore del detto decreto, però, si erano avanzati dei dubbi interpretativi in merito alla concreta applicazione.
In particolare, così come anche sottolineato dall’Organismo Congressuale Forense in una nota diretta al Ministro della Giustizia, i dubbi interpretativi riguardavano la portata dell’art. 1, comma 2, del detto decreto riferita alla sospensione dei termini relativi ai procedimenti civili e penali. Ci si chiedeva, infatti, se la sospensione ivi prevista si applicasse a tutti i giudizi pendenti, ivi compresi quelli per proporre impugnazioni o opposizioni, o se la sospensione riguardasse (alla luce del tenore letterale della norma) soltanto i giudizi le cui udienze risultassero fissate dal 9 al 22 marzo e soggette al rinvio d’ufficio.
Ebbene, la seconda relazione illustrativa di accompagnamento al Disegno di Legge di conversione (adottata in sostituzione della precedente) ha chiarito ogni dubbio in merito, specificando espressamente che il comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge 08/03/2020, con disposizione di portata generale riferita a tutti i procedimenti e processi civili e penali pendenti, anche quando non sia fissata udienza nel periodo interessato, dispone la sospensione di tutti i termini per il compimento di qualsiasi attività processuale, ivi inclusi gli atti di impugnazione.
È stato introdotto, in altre parole, un vero e proprio periodo di sospensione che va dal 09 al 22 marzo, assimilabile al periodo di sospensione feriale che decorre dal 1 al 31 agosto, ferme comunque restando le eccezioni stabilite dall’art. 2, comma 2, lett. g del medesimo decreto e riferite ai procedimenti civili e penali con carattere urgente o prioritario.
Avv. Angelo Sutera
Continua#amministrativo #covid19 #coronavirus #sospensioneferiale: D.L. 11/2020 sospensione feriale per la giustizia amministrativa.
Il d.l. varato dal governo per fronteggiare l’emergenza covid-19 ha previsto misure d’emergenza anche nel settore giustizia. In primo luogo il decreto ha previsto un periodo di transizione dal 9 al 22 marzo 2020, nel corso del quale, salve le eccezioni espressamente previste, le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari d’Italia sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020.
Il decreto-legge, inoltre, introduce delle misure straordinarie riguardanti la giustizia contabile e amministrativa.
In particolare, il decreto, in relazione alla giustizia amministrativa, ha previsto l’operatività del disposto di cui all’art. 54, commi 2 e 3 del codice del processo amministrativo, ossia del regime della sospensione feriale. Dall’ 8 marzo 2020 inizia, pertanto, un periodo di sospensione feriale identico a quello che sospende i termini estivi.
Sostanzialemente tra l’8 e il 22 marzo inizia un periodo neutro per gli atti amministrativi, come se tale arco temporale fosse cancellato dal calendario.
Tuttavia i procedimenti cautelari, promossi o pendenti nel medesimo lasso di tempo, sono decisi, su richiesta anche di una sola delle parti, con il rito di cui all’articolo 56 del codice del processo amministrativo (ovverosia con misure cautelari monocratiche) e la relativa trattazione collegiale è fissata in data immediatamente successiva al 22 marzo 2020.
Avv. Gaspare Tesè
ContinuaAnche nelle cliniche private gli infermieri possono commettere i reati dei pubblici ufficiali.
Anche gli infermieri di una clinica privata possono rispondere del reato di falso in atto pubblico. Sul tema si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 9393/2020.
Le schede infermieristiche che confluiscono all’interno della cartella clinica sono considerate atti pubblici e chi le falsifica risponde del reato previsto dagli artt. 476 e 479 del codice penale.
In particolare, risponde dei reati di falso ideologico e falso materiale commesso dal pubblico ufficiale l’infermiere che falsifica le schede di annotazione sui pazienti e affermando di aver compiuto rilievi in realtà non effettuati.
La natura di atto pubblico della cartella clinica, perché finalizzata alla certificazione dello stato di salute delle persone, si estende alle proprie componenti come ad esempio le cartelle infermieristiche e le schede di annotazione che vi confluiscono, anche quando redatte all’interno di strutture private.
In sintesi, anche gli infermieri di una clinica privata possono commettere i reati degli incaricati di pubblico servizio che, vale la pena ricordarlo, sono puniti con maggior rigore!
Avv. Danilo Conti
Continua#Art121cpp #Memoria Difensiva #Vizio Legittimità #deducibilità #presupposti
Spesso come un mantra il primo motivo di un appello o di un ricorso in Cassazione è la omessa valutazione delle ragioni esposte nella memoria difensiva ex art. 121 cpp. Bisogna anche ribadire che spesso i giudici che intendono condannare, sposano la loro linea senza tenere in alcun conto le deduzioni difensive, così come impone il codice di procedura penale.
Sul tema è incidentalmente intervenuta la S.C. Sez. I pen. con la sentenza 7420/20 per ribadire:
1) non è causa di nullità del provvedimento impugnato;
2) incide solo se con le deduzioni difensive sia “sia stato introdotto un tema potenzialmente decisivo non valutato dal giudice del provvedimento impugnato”;
3) può essere dedotto in sede di legittimità (vizio di motivazione) se efficace, puntualmente dedotto nel ricorso e scardinante rispetto alle ragioni indicate nella motivazione della sentenza di condanna.
Mancando questi tre presupposti si rischia di versare nella genericità che determina l’inammissibilità del ricorso.
Avv. Giuseppe Scozzari
Continua#abbandonorifiuti – #detritidademolizione: la Corte di Cassazione si pronuncia sul tema dell’abbandono di rifiuti derivanti da opere di demolizione
La Suprema Corte con la sentenza n. 4700/2020, investita di una questione relativa all’abbandono di detriti da demolizione, ha affermato che, “in tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell’attività ma anche colui che eserciti di fatto l’attività imprenditoriale inquinante”.
I giudici di legittimità, inoltre, hanno rigettato la tesi difensiva secondo cui l’art. 181 d.lgs. n. 42/2004 non darebbe rilevanza all’opera di sbancamento del terreno, ma punirebbe solamente la realizzazione di lavori di natura edile. Invero, è stato osservato che “l’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004 non prevede alcuna limitazione in ordine alla tipologia dei lavori oggetto della condotta vietata, essendo punito “chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici”, laddove tale ultima locuzione è idonea ad abbracciare qualsivoglia attività, tale da comportare una modificazione del bene paesaggistico; per altro verso, oggetto della tutela è pacificamente l’ambiente, che può essere leso non solo da lavori edili, ma da qualunque attività comportante una modificazione dell’assetto territoriale, ivi compresa la conformazione dei luoghi, quali, appunto, i lavori di sbancamento del terreno”.
Avv. Gaspare Tesè
Continua#Coronavirus #Agrigento #Instagramstories #ZonaRossa
In queste ore ad Agrigento sta circolando un video che sta destando allarme e preoccupazione.
Senza cedere ad inutili allarmismi, lo studio desidera informare sia sulle procedure da adottare, nei casi di persone che rientrano dalle zone a rischio, sia sulle conseguenze penali cui si va incontro a seguito di mancata osservanza dei decreti governativi.
Condotta da assumere da parte di chi rientra dalle zone rosse (Ordinanza del Presidente della Regione Siciliana n. 3 dell’8.03.2020):
– Allo stato provengono dalle zone rose i viaggiatori che rientrano dalla Regione Lombardia e dalle Province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini; Pesaro e Urbino; Venezia, Padova, Treviso; Asti e Alessandria, con destinazione Aeroporti, Porti e Stazioni ferroviarie della Regione Siciliana;
– Tutti coloro che abbiano fatto rientro dalle zone rosse a far data dal 23 febbraio 2020, ha l’obbligo di segnalarsi alle Autorità Sanitarie, con obbligo di autocensirsi sul seguente sito: https://www.costruiresalute.it/?q=coronavirus-sicilia#tab-2; inoltre, gli stessi devono segnalare il rientro al Comune, al Dipartimento di Prevenzione dell’ASP ed al proprio medico di famiglia oppure al pediatra se si tratta di minori.
Conseguenze penali per chi non ottempera:
– Art. 650 c.p – Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità: Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.
– “Chiunque non osserva” significa che tutti coloro che abbiano fatto rientro dalle zone rosse hanno l’obbligo di osservare le prescrizioni governative dando le comunicazioni di cui sopra. Le ragioni d’igiene si riferiscono alla materia della sanità pubblica intesa in senso ampio,
quindi rientra perfettamente il caso del Coronavirus, dovendosi ricomprendere in essa anche la difesa del territorio e la tutela dall’inquinamento.
– Art. 438 c.p. – Epidemia: Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo. Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena [di morte].
– La condotta che integra il reato consiste nel diffondere germi patogeni (virus, bacilli, protozoi, ecc.). in modo da causare un’epidemia. La diffusione dei germi patogeni può avvenire in qualunque modo, nel caso del Coronavirus avviene attraverso la saliva, anche con micro gocce. Si definisce epidemia, non una qualunque malattia infettiva contagiosa, ma soltanto quella suscettibile di diffondersi nella popolazione in misura tale da aggredire, in uno stesso contesto di tempo, un numero rilevante di persone con carattere di straordinarietà (ad es. peste, colera, vaiolo, ecc.). Il Coronavirus ha le caratteristiche del virus epidemiologico.
– Art. 452 c,p. Delitti colposi contro la salute pubblica: Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscano la “pena di morte”; 2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo; 3) con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione. Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.
– La norma in esame costituisce un rafforzamento della tutela della salute pubblica qualora insidiata, posta in pericolo o lesa (in conformità alle ipotesi tipiche delineate nelle norme richiamate dall’art. 452) da condotte contrarie a regole precauzionali.
– I delitti previsti dalla norma in esame sono puniti a titolo di colpa (richiedendosi a tal fine la violazione di una regola cautelare di origine sociale (colpa generica) o di una regola espressamente prevista da una fonte formale (colpa specifica) il cui scopo è rappresentato dalla prevenzione relativa alla verificazione di fatti del tipo di quelli previsti dagli articoli richiamati dalla norma in commento in relazione alle corrispondenti fattispecie dolose.
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Lo studio, pertanto, consiglia di attenersi scrupolosamente ai decreti governativi per evitare il rischio di incorrere in condotte penalmente rilevanti in spregio alla salute ed alla sicurezza pubblica.
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