Interdittiva antimafia. Controllo Giudiziario.
Il Provvedimento definitivo del Prefetto non è intangibile quindi l’imprenditore dopo un anno può chiedere l’aggiornamento (art. 82 c0. 2° DLGS 159/11). La Cassazione con una interpretazione di estremo rilievo detta la linea ai Prefetti (Sent. 42646/22).
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On. Avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaABBANDONO RIFIUTI. IMPRENDITORE SEMPRE RESPONSABILE IN VIRTÙ DEL PRINCIPIO DELLA “RESPONSABILITÀ CONDIVISA”.
Dura sentenza della cassazione (n. 41809722), secondo la quale il rifiuto va seguito
“dalla culla alla tomba”.Si tratta di un principio di diritto consolidato che da sempre ha lasciato dubbi perché mina uno dei principi cardini del diritto penale, ossia della responsabiltà personale.
On. Avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaOMESSO VERSAMENTO IVA. NESSUNA CAUSA DI FORZA MAGGIORE.
Sussiste il reato di omesso versamento IVA se vi è una totale assenza di azioni mirate alla ristrutturazione aziendale lo afferma la Cassazione con la sentenza n. 4542/2022. In altri termini non può essere invocata l’esimente della causa di forza maggiore.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaLE NUOVE SANZIONI SOSTITUTIVE DI PENE DETENTIVE BREVI INTRODOTTE DALLA “RIFORMA CARTABIA”
Dal 19 ottobre 2021 è entrata in vigore la legge n. 134 del 27.09.2021 (c.d. “riforma Cartabia”) che enuncia i nuovi principi e i criteri direttivi cui dovranno attenersi i prossimi decreti legislativi che avranno le finalità, fra gli altri, di: “accelerare il processo penale tramite una sua deflazione e digitalizzazione”; “potenziare le garanzie difensive e la tutela delle vittime del reato”; “introdurre una innovativa disciplina concernete la ragionevole durata del giudizio di impugnazione”.
Focalizzando l’attenzione sul tema delle “pene sostitutive” queste, brevemente, nel nostro ordinamento si pongono quali sanzioni sostitutive alla pena detentiva “breve” e vengono applicate (raramente) direttamente dal Giudice all’esito del processo ovvero, una volta affermata la penale responsabilità dell’autore, invece di applicare la sanzione della pena detentiva “breve”, in sostituzione ed automaticamente, viene applicata una pena sostitutiva che evita l’ingresso in carcere del condannato.
E’ opportuno precisare che le pene sostitutive sono istituti diversi rispetto alle “misure alternative alla detenzione”, queste ultime sono di competenza della Magistratura di Sorveglianza ed intervengono successivamente su un giudicato già formato di una condanna a pena detentiva.
Le pene finora previste nell’ordinamento sono: la semidetenzione, la liberà controllata e la pena pecuniaria.
La riforma citata, con l’art. 1 comma 17 l. 134/2021, interviene in materia:
1) cancellando la semidetenzione e la libertà controllata (che hanno avuto una scarsa applicazione);
2) ed introducendo: la “semilibertà”, la “detenzione domiciliare”, il “lavoro di pubblica utilità” e (conservata), la “pena pecuniaria”.
La riforma interviene anche sulla disciplina delle stesse pene sostitutive, in particolare la sostituzione sarà rimessa alla discrezionalità del Giudice; discrezionalità che dovrà comunque essere disciplinata dai decreti delegati ed ancorata alla valutazione prognostica sulle potenzialità rieducative della misura e sull’efficacia dissuasiva delle stesse rispetto alla commissione di ulteriori reati (art. 1 comma 17 lett.c).
Analiticamente, sulle nuove pene sostitutive:
– la semilibertà e la detenzione domiciliare: saranno destinate a sostituire la pena irrogabile nel limite dei 4 anni – in sede di giudizio ordinario o di patteggiamento;
– sul lavoro di pubblica utilità: il legislatore delegante ha previsto un’applicazione ad ampio raggio prescrivendo che la sostituzione possa essere disposta anche d’ufficio, con sentenza di condanna a condizione che il giudice ritenga di determinare la pena detentiva entro il limite di tre anni ovvero con sentenza di patteggiamento o con decreto penale di condanna, sempre a condizione in quest’ultimo caso che il condannato non vi si opponga; inoltre per incentivare la misura si è previsto che, nel caso in cui venga applicata con decreto penale di condanna (quindi per disincentivare l’opposizione al decreto) o concordata in sede di patteggiamento (ampliando le possibilità deflattive di questo rito), il positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità possa comportare, se accompagnato dal risarcimento del danno o dall’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, ove possibili, la revoca della confisca che sia stata eventualmente disposta, salvo si tratti di confisca obbligatoria anche per equivalente;
– la pena pecuniaria: dovrà applicarsi in sostituzione della pena detentiva fino a 1 anno con l’intento del legislatore delegante di evitare che la sostituzione della pena risulti eccessivamente onerosa in rapporto alle condizioni economiche del condannato e del suo nucleo familiare, consentendo al giudice di adeguare la sanzione sostitutiva alle condizioni economiche e di vita del condannato.
Oltre all’introduzione delle nuove pene sostitutive, la riforma interviene anche sulle condizioni e sull’applicazione pratica delle suddette pene, in particolare:
1) raddoppia la durata massima della pena sostituibile che sale da due a quattro anni per la pena detentiva e da sei mesi a un anno per quella pecuniaria; dunque: le pene detentive fino a quattro anni si possono sostituire con la semilibertà o con la detenzione domiciliare; le pene detentive fino a tre anni si possono sostituire anche con il lavoro di pubblica utilità; le pene detentive fino ad un anno si possono sostituire anche con la pena pecuniaria;
2) viene ampliato l’ambito del “lavoro di pubblica utilità” che finora era rimasto ristretto ad alcune violazioni “minori”, quale ad es. le violazioni del Codice della Strada; adesso, invece, verrà esteso alla generalità dei reati e ai casi in cui si procede con decreto penale di condanna (con la proporzione: un giorno di pena “vale” due ore di lavoro di pubblica utilità, che si può prestare per un minimo di sei e un massimo di otto ore al giorno);
3) vengono estese anche le condizioni soggettive (requisiti) per l’applicazione della sostituzione ovvero: l’eliminazione delle preclusioni legate a condanne a pena detentiva per fatti precedentemente commessi; la sterilizzazione degli automatismi della legge n. 689/1981 (automatismo relativo all’applicazione delle sanzioni amministrative); tuttavia restano ferme le preclusioni legate a condanne per i reati più gravi (come terrorismo, mafia, corruzione e gli altri previsti dall’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario); inoltre quanto alle sanzioni per la mancata esecuzione della pena sostitutiva o per l’inosservanza delle si prevede un regime più flessibile di quello attuale disponendo che la revoca possa aver luogo solo in caso di mancata esecuzione o di inosservanza grave o reiterata delle prescrizioni e la conversione del residuo può avvenire, oltre che in pena detentiva, anche in altra pena sostitutiva “più grave” (ad es. dalla detenzione domiciliare si potrà dunque passare alla semilibertà), e resta sempre salva la possibilità di applicazione di una misura di sicurezza.
Alla luce delle innovazioni introdotte, emergono lo scopo e le finalità della riforma rappresentate: da un lato maggiore flessibilità operativa e dall’altro minore tasso di afflittività anche rispetto alle omologhe misure alternative; da un lato minore sacrificio per la libertà personale e dall’altro maggiore idoneità rieducativa della pena.
Avv. Biagio Cimò
Continua
MESSA ALLA PROVA CONCEDIBILE UNA SECONDA VOLTA? SI IN CASO DI CONTINUAZIONE.
Con la recente sentenza n. 174 del 2022 la Corte Costituzionale ha stabilito che la messa alla prova può essere concessa una seconda volta quando i reati contestati in diversi procedimenti siano legati dal vincolo della continuazione, ovvero quando siano stati commessi con un’unica azione od omissione o in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Il presupposto da cui è scaturita la dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’l’articolo 168-bis, quarto comma, del Codice penale, consiste nella circostanza che se tutti i reati commessi in continuazione fossero contestati nel medesimo procedimento penale, l’imputato avrebbe certamente diritto di chiedere la concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova in relazione a tutti i reati.
Ed allora, ha sottolineato la Corte, è irragionevole in riferimento al principio d’uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, che in caso di contestazione dei medesimi reati in diversi procedimenti, l’imputato non abbia il diritto, nel secondo procedimento, di richiedere il medesimo beneficio solo perché già concesso nell’ambito del primo procedimento.
La preclusione, ha rilevato ancora la Consulta, contrasta altresì con l’intenzione del legislatore di sanzionare in maniera unitaria i reati legati dal vincolo della continuazione.
Si tratta di una rilevante pronuncia con effetti sul piano pratico anche nei processi in corso, in cui gli imputati potrebbero valutare l’opportunità di richiedere la rimessioni in termini al fine della concessione del beneficio.
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avv. Angelo Sutera
ContinuaInfortuni sul lavoro. Condotta esorbitante. Responsabilità esclusa del datore di lavoro.
Con la sentenza n. 836/2022 la Suprema Corte ha ribadito un principio sempre più consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ossia che la condotta esorbitante del lavoratore esonera da responsabilità penale il datore di lavoro.
Con la sentenza in commento la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di condanna della Corte di Appello di Firenze, che confermava la sentenza di primo grado, statuendo che “in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore”
Il giudice regolatore precisa che il datore di lavoro ha il dovere di effettuare una valutazione ex ante rispetto a quelli che sono i soggetti responsabili preposti alla sicurezza dei lavoratori.
La censura effettuata nei confronti dei giudici di merito, infatti, è relativa al fatto che questi avendo effettuato erroneamente una valutazione ex post, e non ex ante della condotta degli imputati, hanno erroneamente ritenuto inadeguate le misure di protezione predisposte per l’attività compiuta dal lavoratore.
Si tratta di una pronuncia che pone un ulteriore punto fermo perché indica, ai giudici di merito, il momento in cui deve essere effettuato il giudizio di idoneità (ex ante) in sede di scrutinio delle condotte contestate.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaQuando il Mobbing è Stalking occupazionale. Rischio condanna per il datore di lavoro. Uso illecito del potere disciplinare. Danno al lavoratore.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12827/2022 ha sancito che sussiste il reato di stalking in capo al datore di lavoro se questi minaccia, incolpa disciplinarmente in maniera pretestuosa ed offende ripetutamente il lavoratore determinandone un mutamento di vita.
La vicenda riguarda un datore di lavoro che ha costantemente minacciato, sfidato fisicamente ed insultato pubblicamente un proprio dipendente. A nulla è valsa la difesa del primo il quale sosteneva di avere condiviso con il CDA tale linea, nonché tentato di giustificare tale condotta come stimolo a fare meglio sul posto di lavoro.
La Cassazione ha correttamente ritenuto il licenziamento (ritorsivo) come l’atto conclusivo di una condotta persecutoria punibile penalmente.
#mobbing #stalking #reaticontrolapersona #penaleaziendale
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaInterdittiva Antimafia. Illegittimità. No a persone fisiche.
Il TAR di Reggio Calabria con la sentenza n. 3/22 ha statuito l’illegittimità dell’interdittiva antimafia se emessa nei confronti delle persone fisiche.
Nella motivazione il giudice amministrativo ha evidenziato che l’interdittiva può essere emessa nei confronti di soggetti legati ad una attività economica, qualsiasi sia la forma giuridica societaria.
Si tratta di una pronuncia assolutamente condivisibile, considerato che era, prima di questa pronuncia, impensabile che una Prefettura arrivasse a dare una interdittiva ad una persona fisica.
Il TAR fa propri i principi di una precedenza sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 3/18), affermando che l’istituto dell’interdittiva mira a garantire il corretto rapporto tra il èrivato operatore economico e “la Pubblica amministrazione e si pone in funzione di tutela sia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, riconosciuti dall’art. 97 Cost., sia dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche.”
#InterdittivaAntimafia #Illegittimità #CodiceAntimafia
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaOmeopatia. Omicidio colposo per il medico. Melanoma.
La Cassazione con la sentenza n. 5117/2022 ha rigettato il ricorso di un medico omeopata che in un caso di melanoma ad un nevo, ha avallato un percorso terapeutico omeopatico alternativo rispetto alla medicina tradizionale. Nella vicenda esaminata dalla Corte il medico ha sconsigliato il ricorso alla chemioterapia ed alla chirurgia nonostante la accertata malignità del tumore, optando per la nuova medicina germanica di Hamer.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaBancarotta semplice e bancarotta fraudolenta documentale. Delineati i limiti dalla Cassazione.
La Cassazione con la sentenza n. 32733/21 è intervenuta ancora una volta sul tema della individuazione dei limiti di configurabilità dei reati di bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta documentale.
Secondo la S.C. non basta l’avere omesso l’annotazione di una sola operazione per integrare l’accusa di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 co. 1°, n. 2 L.F.), ma bisogna dimostrare che il reo abbia posto in essere, con coscienza e volontà, una condotta mirata alla impossibilità di ricostruzione del patrimonio societario e dei relativi flussi finanziari. In altri termini necessità che il soggetto agente abbia agito con dolo (generico).
Nel caso esaminato dalla S.C. i fatti sono stati ricondotti nella ipotesi meno grave di bancarotta semplice (art. 217 L.F.), per la cui sussistenza basta dimostrare la mera negligenza nel tenere le scritture contabili.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
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