Bancarotta: nessun inversione dell’onere della prova nel caso di omesso pagamento Iva. La distrazione della somma va accertata in concreto.
La S.C. con la sentenza n. 3518 del 24 gennaio 2019 ha statuito che l’omesso pagamento IVA da parte dell’imprenditore fallito va provata in concreto e non può essere desunta da mere deduzioni contabili, soprattutto quando esse non sono tenute correttamente.
Nella vicenda in commento i giudici di merito avevano ritenuto documentata, e quindi sottratta, la somma da parte di un imprenditore dichiarato fallito sulla base di una annotazione sul libro giornale anche se non risultante dai mastrini.
La Cassazione, nell’accogliere il ricorso dell’imprenditore fallito, ha rilevato che le risultanze processuali deponevano per l’inesistenza nei conti della società, della somma che si assumeva essere stata distratta. La Corte, pur riaffermando il consolidato principio che la distrazione e\o l’occultamento possono essere desunti dalla mancata prova data dall’imprenditore della diversa destinazione della somma oggetto di contestazione, rileva che i giudici di merito avrebbero preliminarmente dovuto verificare la reale esistenza del bene e\o del denaro nelle casse della società. In altri termini lo scrutinio dei giudici di merito avrebbe dovuto essere indirizzato a verificare se, indipendentemente dall’annotazione sul libro giornale, le somme riscosse della società fossero o meno transitate sui conti correnti della stessa e solo dopo la verifica della loro “diversa” destinazione dichiararne la eventuale distrazione.
Nella vicenda in esame nel corso del dibattimento, infatti, era emerso che la irregolare tenuta della contabilità (annotazione sul libro giornale pagamento IVA\ma omessa indicazione nei mastrini) avrebbe dovuto indurre il tribunale e la Corte territoriale ad approfondire la preminente circostanza della reale esistenza delle somme incassate dalla società. Il fallito, infatti, aveva negato l’addebito asserendo che il denaro presuntamente distratto non esisteva, circostanza confermata nel coso del dibattimento anche dal curatore fallimentare, il quale faceva rilevare i saldi passivi dei rapporti bancari della società.
In altri termini il mancato pagamento all’erario dell’IVA da solo non è sufficiente per dimostrare la distrazione.
Avv. Giuseppe Scozzari