#Bancarottaperdistrazione #Incorporantefallita
Con la sent. n. 9398/20 la Corte di Cassazione si occupa di una vicenda societaria che ha visto la fusione per incorporazione due società, ritenendo sussistente il reato di bancarotta per distrazione anche per la società incorporata, in quanto sarebbe stata dimostrata (ex ante) la pericolosità dell’operazione di fusione posta in essere dall’incorporante successivamente fallita.
La S.C. considera elemento centrale del reato l’elemento psicologico, considerato che il reato di bancarotta per distrazione è un reato di pericolo concreto, con dolo generico in cui è sufficiente «la consapevole volontà di conferire al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte».
Per la Corte non è necessaria nè la volontà di provocare il fallimento nè lo scopo di provocare un pregiudizio ai creditori.
Secondo la Corte il fallimento della incorporante pone tutti gli atti di amministrazione sul un piano valutativo sensibile perché ogni atto può avere determinato un pregiudizio ai creditori.
La S.C., in conclusione, ritiene che le operazioni rischiose, nel caso in esame l’assunzione di un rilevante debito fiscale, sono sufficienti ad integrare il reato di bancarotta per distrazione.
on. avv. Giuseppe Scozzari