Legislazione antimafia. PNRR: allo studio il contraddittorio con l’impresa in predicato di interdittiva. Adozione del modello 231/01.
Contraddittorio preventivo con l’impresa prima del provvedimento del prefetto
Nel caso di tentativi di infiltrazioni mafiose nell’impresa, allo studio una ipotesi di contraddittorio tra l’impresa stessa e la prefettura. A prevederlo è il decreto legge per l’attuazione del PNRR.
In sostanza una impresa che “occasionalmente” sia stata contigua alla criminalità organizzata, ma che rischia l’interdittiva, viene fornita una sorta di seconda possibilità attraverso un contraddittorio preventivo che si instaurerebbe con il Prefetto, il quale potrebbe richiedere anche l’adozione di modelli organizzativi previsti dal dlgs 231/01, ossia di una nuova organizzazione in grado di rendere impermeabile la società da tentativi infiltranti da parte della criminalità.
In sintesi il Prefetto prima di adottare l’interdittiva antimafia dovrà comunicare all’impresa l’avvio del procedimento ed assegnare un termine di 20 giorni per le deduzioni a discolpa.
Al termine del contraddittorio il Prefetto potrà: a) rilasciare una informativa liberatoria; b) determinarsi per l’interdittiva; c) imporre determinate misure ed una osservazione che varia da 6 a 12 mesi.
Quanto alle misure che potrebbero essere imposte si guarda al modello organizzativo previsto dal dlgs 231/01, ossia l’adozione di misure in grado di prevenire reati ed il cui controllo è demandato ad un organismo autonomo dalla governance.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaImpresa e Antimafia. Solo “l’interdittiva” consente il controllo giudiziario volontario. Codice Antimafia.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 35048/21 ha statuito che solo l’imprenditore colpito da “interdittiva antimafia” può chiedere il controllo giudiziario volontario (art. 34 bis Cod. Antim.) e non anche chi ha ricevuto la “comunicazione antimafia”. Il primo provvedimento, infatti, è frutto di una valutazione extragiudiziaria, posta in essere dal Prefetto e non cristallizzata in un atto giudiziario; il secondo è un atto obbligato, frutto di un accertamento che ha stabilito una sorta di “legame”, nel migliore dei casi, dell’imprenditore con ambienti contigui o intranei alla criminalità organizzata.
Secondo la S.C., pertanto, solo nel caso in cui ci sia una valutazione ad opera del Prefetto è possibile chiedere la sospensione del provvedimento prefettizio (da 1 a 3 anni) attraverso l’accesso al “controllo giudiziario”, che dovrebbe consentire un percorso di ”bonifica” ritenuta la presunta “occasionalità” dei rapporti tra l’imprenditore ed ambienti malavitosi. Si tratta di un nuovo istituto introdotto con la riforma del 2017, per mitigare la durezza dell’interdittiva innanzi casi di imprese “border line” salvabili.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaArt. 10 ter dlgs 74/00. Se l’imprenditore non riscuote ed omette l’IVA, manca il dolo. Quindi manca il reato.
La Cassazione con la sentenza n. 31352/21 statuisce un principio nuovo ed in rottura con i precedenti giurisprudenziali maggioritari, riassumibile nei termini seguenti: se l’imprenditore riscuote crediti inferiori al 40% del fatturato ed omette di versare l’IVA, manca il dolo quindi deve andare assolto perché il fatto non costituisce reato.
In altri termini l’inadempimento contrattuale dei clienti fa venire meno uno dei presupposti del reato di evasione, ossia il dolo perché manca uno dei presupposti che fondano il reato di evasione.
In questi casi l’imprenditore deve dimostrare che ha fatto tutto il possibile per riscuotere i propri crediti, ritenuto, secondo la Corte, che non si può definire il mancato introito come “rischio d’impresa”, ma in questo caso va a collocarsi in un’area non imputabile alla volontà dello stesso.
Nel caso in esame i soci per scongiurare la crisi avevano rinunciato ai dividendi ed avevano immesso un cospicuo capitale per risanare l’azienda e pagare i debiti tributari.
La S.C. ha accolto il ricorso dell’impresa ed ha annullato con rinvio.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaRifiuto di atti di ufficio per il medico che non visita il paziente a seguito di richiesta da parte dell’infermiere. Cassazione penale sez. VI – 15/12/2020, n. 12806.
Un medico cardiologo è stato riconosciuto colpevole del reato di rifiuto di atti di ufficio, a seguito del ricorso la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata per essersi il reato estinto per prescrizione.
Tuttavia, la sentenza ha ribadito alcuni punti di estremo rilievo circa la configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio (art. 328 c.p.) a carico del medico in servizio presso il reparto di cardiologia invasiva dell’ospedale che non visita il paziente a seguito di richiesta da parte dell’infermiere.
Infatti, quando a richiedere l’intervento del medico sono figure professionali tecnicamente qualificate, quali sono gli infermieri, la giurisprudenza di legittimità ritiene che sul sanitario gravi un preciso obbligo di procedere immediatamente a visitare il paziente, con conseguente sussistenza del delitto di rifiuto di atti d’ufficio, qualora questo non accada.
Nel caso in esame, è stato ritenuto evidente (ed evidentemente sbagliato) l’atteggiamento tenuto dal medico nella vicenda: la risposta resa all’infermiere in occasione della nuova sollecitazione (“a me non frega un cazzo… quel paziente é fuori di testa… tu non sei in grado di definire se un paziente é in testa o meno… non hai le competenze, quindi torna a fare il tuo lavoro“).
Il medico è stato riconosciuto colpevole del reato di rifiuto di atti di ufficio ma, essendosi il reato ormai estinto per prescrizione, la sentenza è stata annullata.
Avv. Danilo Conti
ContinuaBancarotta fraudolenta documentale. “Dolo generico rafforzato”. Irregolare tenuta delle scritture contabili.
Le scritture contabili sono uno strumento di verità perché consentono di misurare il grado di correttezza di una azienda, sia con riferimento al patrimonio aziendale che al volume di affari. Esse costituiscono la cartina di tornasole in casi di fallimento di una azienda.
Quando le scritture non sono regolari il curatore nel redigere la relazione ex art. 33 L.F., da il via all’azione penale, esercitata dal PM, nelle varie forme previste dalla stessa legge.
L’art. 216 della L.F. al n. 2 prevede il reato di “Bancarotta fraudolenta documentale” nella duplice condotta: a) sottrazione di documenti; [e\o] b) irregolare tenuta delle scritture.
Nel primo caso la forma più lieve integra il reato di bancarotta documentale semplice (art. 217 L.F.). In questo caso è richiesto il “dolo specifico”, ossia la volontà specifica di elidere le garanzie patrimoniali, unica speranza per i creditori.
Nel secondo caso si versa nell’ipotesi di “Bancarotta fraudolenta documentale”, decisamente più insidiosa per gli amministratori di società perché per essa la giurisprudenza richiede il “dolo generico”. Ossia la semplice consapevolezza di rendere non ricostruibile il patrimonio societario.
Sul tema, però, si registra un recente orientamento della Corte regolatrice che con la sentenza n. 20882/21, ha ritenuto non sufficiente la “semplice” constatazione di una condotta che ha reso difficile la ricostruzione del patrimonio. La Corte ha ritenuto che vada svolto un approfondito scrutinio della condotta, precisando che si ha reato se sussiste una sorta di “dolo generico rafforzato”, ossia bisogna provare le ragioni che hanno spinto il soggetto agente ad impedire la ricostruzione del patrimonio.
In altri termini non basta limitarsi genericamente a sostenere che la irregolarità di tenuta delle scritture contabili è tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, ma è imprescindibile chiarire le “ragioni” che hanno spinto il reo a determinare una sottrazione delle garanzie patrimoniali per i creditori.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaReati tributari. Omesso versamento IVA. La prescrizione non preclude la confisca.
La Corte di Cassazione con una sentenza (n. 20793/21) che farà discutere, ha statuito che l’eventuale declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione non impedisce la confisca.
Si tratta di un orientamento restrittivo e decisamente sfavorevole soprattutto se ci si trova innanzi l’ipotesi di confisca per equivalente. Ed infatti dal 2018, data di entrata in vigore dell’art. 578 bis cpp, le S.U. hanno ritenuto che la portata della suddetta norma è di carattere generale e quindi la confisca va applicata anche ai reati extra codice penale (quindi anche ai reati tributari), ma soprattutto anche nei casi di confisca per equivalente.
Il caso in esame riguarda la condanna del legale rappresentante di una SPA che ha omesso il versamento dell’IVA. Alla condanna seguiva la confisca diretta ed indiretta. La S.C. nel dichiarare la prescrizione ha accertato la responsabilità dell’imputato e conseguentemente confermato la confisca.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaBancarotta per distrazione. Per condannare i sindaci necessaria la partecipazione con dolo.
La Cassazione torna sul tema della responsabilità dei sindaci revisori di una SPA.
Con una pronuncia di rilievo la Corte indica un percorso di verifica più scrupoloso nel momento in cui si tratta di attribuire ai sindaci la responsabilità penale in concorso con gli amministratori nel caso di bancarotta per distrazione.
La S.C. con la sentenza n. 20867/21 evidenzia che l’omissione colposa non è sufficiente a suffragare ipotesi di responsabilità penale, ma servono ulteriori indici rivelatori di una reale partecipazione nella condotta illecita, in altri termini serve il dolo.
La S.C. annovera tra questi indici (i) la notevole competenza professionale, (ii) l’avere omesso qualsiasi controllo, (iii) l’esistenza di un reale collegamento tra i sindaci ed il board societario.
Nel caso in esame le operazioni distrattive avvenivano con sofisticata intelligenza e soprattutto con una visibilità tale da rendere quasi impossibile il rilievo della distrazione, al punto da ingannare anche enti pubblici (in questo caso l’INPS).
Pertanto per la S.C. sussiste la responsabilità dei sindaci nel reato di bancarotta «solo qualora emergano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l’omissione del potere di controllo (…) esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione , sia pure nella forma del dolo eventuale per consapevole volontà di agire anche a costo di fare derivare dall’omesso controllo la commissione di illiceità da parte degli amministratori».
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaBANCAROTTA FRAUDOLENTA DOCUMENTALE. Art. 216 L.F. Due le ipotesi ma, per la Cassazione, alternative.
La Suprema Corte con la sentenza n° 11420/21 ha fatto chiarezza rispetto alla configurabilità ed eventuale contestazione in concorso delle due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale previste dall’art. 216 co. 1, n° 2 della L.F..
La Corte, infatti, precisa che la prima ipotesi riguarda la sottrazione o distruzione dei documenti contabili. In questo caso l’elemento soggettivo è rappresentato dolo specifico.
La seconda ipotesi riguarda l’irregolare tenuta dei documenti contabili, dai quali non è possibile ricostruire né il patrimonio sociale, tanto meno le movimentazioni finanziarie. L’elemento soggettivo richiesto è quello del dolo generico.
Per la Cassazione si tratta di ipotesi alternative non contestabili in concorso, in quanto le condotte descritte presuppongono comportamenti non compatibili.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaLa tenuità del fatto non esime da responsabilità ex Dlgs 231/01 l’impresa.
Il caso in esame riguarda una impresa che si occupa della gestione dei rifiuti.
Diverse pronunce del giudice regolatore hanno statuito che l’applicazione dell’istituito di cui all’art. 131 bis c.p. (non punibilità per particolare tenuità del fatto) non solleva da responsabilità per illecito amministrativo l’ente, né per converso ne determina una automatica responsabilità (si veda: Cass., Sez. III Penale, n. 38752/2019; Cass., Sez. III Penale, n. 16607/2016; Cass., Sezione III Penale, n. 37163/2020 )
Ovviamente tale istituto non può essere applicato ai casi ti traffico illecito la cui pena massima è pari ad anni sei od in casi similari.
Purtroppo la legge non ne regolamenta i casi e, come sempre, quando c’è un vuoto normativo subentra il diritto vivente che, come sempre assume orientamenti spesso contrastanti.
In conclusione la causa di non punibilità ex art. 131 bis. C.p. non si applica all’ente, la cui responsabilità potrà essere riconosciuta previo puntuale scrutinio delle connesse eventuali responsabilità derivanti dall’illecito amministrativo contestato.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaVaccino Covid: vaccinare i furbetti non è reato, con buona pace di tutti i giustizialisti.
In un’epoca nella quale, con la nomina di Marta Cartabia al Ministro della Giustizia, si sta finalmente iniziando a vedere una debole luce in fondo al tunnel del giustizialismo penale che ha intriso le più recenti riforme del diritto penale, l’Italia si dimostra ancora panpenalistica…