Una telecamera privata orientata su un luogo pubblico o aperto al pubblico è intercettazione? (E quindi è illecita?
In tema di prova atipica, sono legittime e pienamente utilizzabili senza alcuna autorizzazione dell’autorità giudiziaria le videoriprese, eseguite da privati, mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che consentono di captare ciò che accade nell’ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi. Infatti, i terzi che vengono ivi ripresi, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza, trattandosi di luoghi, che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall’esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti.
Secondo la Corte di Cassazione le riprese di comportamenti “non comunicativi”, che rappresentano la mera presenza di cose o persone ed i loro movimenti, costituiscono prove atipiche se eseguite in luoghi pubblici, aperti al pubblico o esposti al pubblico ovvero in ambienti privati, diversi dal “domicilio”.
Solo in tale ultimo caso, ai sensi dell’art. 189 c.p.p., per la loro utilizzabilità, occorre un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria che le giustifichi rispetto alle esigenze investigative e rispetto all’invasività dell’atto.
Cass. pen., sez. III, ud. 8 ottobre 2021 (dep. 26 novembre 2021), n. 43609.
Avv. Danilo Conti
ContinuaScarti animali. Rifiuti o sottoprodotti animali? Normativa applicabile. La Cassazione chiarisce. S.O.A..
La Suprema Corte con la sentenza n. 33084/21 pone un punto fermo rispetto alla normativa applicabile agli scarti di animali, normativa spesso oggetto di contesa considerata la particolare natura dell’oggetto del reato.
La querelle riguarda se agli scarti animali va applicata la normativa sui rifiuti (ossia il Dlgs 152/06 – art. 183, co. 1, lett. n) oppure il regolamento (Ce) n. 1774/2002. Ovviamente diverse sono le conseguenze.
Il principio di diritto affermato dalla S.C. è il seguente: “Come già affermato da questa Corte di legittimità, gli scarti di origine animale sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti, e soggetti esclusivamente al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 152 del 206; diversamente, in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento, restano soggetti alla disciplina generale sui rifiuti (tra le altre, Sez. 3, n. 2710 del 15/12/2011, Lombardo, Rv. 251900; Sez. 3, n. 12844 del 5/2/2009, De Angelis, Rv. 243114).”. La Corte arriva a tale conclusione anche attraverso una interpretazione sistematica del Regolamento 1069/2009/CE la cui rubrica riguarda le “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano”.
In altri termini nel caso in cui il produttore si sia disfatto dei S.O.A. per destinarli allo smaltimento, questi restano soggetti alla disciplina generale sui rifiuti. La ratio della normativa è semplice e si applica il regolamento comunitario quando gli scarti animali sono soggetti all’eventuale reimpiego e quindi al riutilizzo solo se: (i) è nota la loro provenienza, (ii) se hanno subito i controlli e (iii) se gli esiti di essi escludono conseguenze nocive, nel caso del reimpiego, per la salute umana e\o dei soggetti destinatari del prodotto riutilizzato. Negli altri casi si applica la normativa sui rifiuti.
Il caso esaminato dalla S.C. riguarda lo smaltimento di sangue animale.
In un’altra vicenda che occupa lo studio gli scarti erano stati abbandonati in area non controllata ad opera di soggetti ignoti. Secondo l’organo inquirente lo smaltimento di essi avrebbe dovuto essere sottoposto alla normativa comunitaria piuttosto che essere smaltiti con la normativa sui rifiuti, cosa che, invece, correttamente hanno fatto i funzionari comunali che si sono occupati del caso, ma che oggi si trovano sotto processo.
Sarà resa nota la sentenza non appena si concluderà il processo.
#rifiuti #Scartianimali #sottoprodottianimali #codiceambiente #normativacomunitaria #scartimacellazione #soa
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaAnche CAINO può essere innocente. PRESUNZIONE DI NON COLPEVOLEZZA. L’Italia si adegua all’Europa.
Finalmente è stato approvato il decreto legislativo che recepisce, con 5 anni di ritardo, la Direttiva UE (2016/343) secondo la quale ogni cittadino indagato\imputato va ritenuto non colpevole. Il Dlgs consta di alcuni punti fermi il cui rispetto ovviamente necessita sempre del buon senso di chi li applica, in sintesi: a) i PPMM, le FFOO e vari soggetti pubblici non possono presentare l’indagato come colpevole, nel caso dovesse accadere questi può chiedere la rettifica che va fatta, se accolta, entro 48 ore; b) solo il Procuratore Capo, nelle vicende di maggiore importanza, può tenere le conferenze stampa ed i rapporti con i giornalisti; c) stop alle denominazioni suggestive date alle indagini che facciano prefigurare una anticipata condanna (ad es: Mafia Capitale); d) finalmente…. la possibilità per l’indagato di avvalersi della facoltà non rispondere senza incorrere nella preclusione della concessione dei danni per ingiusta detenzione e ciò in assoluto contrasto con la giurisprudenza prevalente.
Si confida nel buon senso di chi dovrà applicare queste democratiche e corrette regole!!
#presunzionedinoncolpevolezza #innocentefinoaprova contraria #penale #avvocatipenalisti #ingiustadetenzione
on. avv. Giuseppe Scozzari
Continua#prescrizione #riformacartabia #dirittopenale #reatitributari
L’art. 161 bis c.p. ha segnato il “de profundis” della prescrizione! La riforma Cartabia di fatto ha segnato la fine della prescrizione. L’imputato si salvi in primo grado altrimenti ingiustizia sarà fatta. Reati tributari. Difficoltà interpretative.
La legge 134/2021 di delega per l’efficienza del processo penale ha previsto l’abrogazione della causa di sospensione prevista dalla riforma Bonafede (L. n. 3/19).
Il Massimario della Cassazione interviene sul tema è statuisce che la riforma Cartabia si applica sin dal 1° gennaio 2020 (e non dal 19/10/21), ossia con effetto retroattivo coincidente con l’entrata in vigore della legge Bonafede.
In sintesi questo il ragionamento (non condivisibile) del Massimario: considerato che tra il nuovo art. 161 bis c.p. (L. Cartabia) e l’art. 159 c.p. (così come riformato dalla L. Bonafede) c’è continuità normativa e ritenuto che la prescrizione è un istituto di diritto sostanziale, se la norma successiva è più favorevole, essa si applica retroattivamente. Quindi secondo quanto previsto dall’art. 161 bis c.p. la prescrizione cessa dopo la sentenza di primo grado, sia che l’imputato venga assolto, sia che venga condannato.
In altri termini la riforma Cartabia, che ha dovuto cedere al ricatto di una forza politica, prevede una sorta di bilanciamento ossia: la cessazione della sospensione sin dal giudizio di primo grado dovrebbe essere compensata dal contingentamento dei termini di durata del giudizio di appello (2 anni) e di Cassazione (1 anno). Lo sforamento dei suddetti termini comporterà l’improcedibilità dell’azione penale, ossia si chiude il processo. Tale riforma si applica anche ai reati tributari con problemi interpretativi molto seri, se si pensa che spesso in questa tipologia di reati la condotta si considera consumata nell’anno successivo a fatti attinenti l’anno precedente.
Cosa si prevede all’orizzonte? Considerato che i giudici di appello non vorranno farsi fare un procedimento disciplinare (questo prevede la riforma), il giudizio di appello rischia di trasformarsi in una conferma del giudizio di primo grado, che in caso di condanna di fatto eliminerebbe un grado di giudizio.
Quindi avremo un processo veloce a scapito di un processo giusto???
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaLegislazione antimafia. PNRR: allo studio il contraddittorio con l’impresa in predicato di interdittiva. Adozione del modello 231/01.
Contraddittorio preventivo con l’impresa prima del provvedimento del prefetto
Nel caso di tentativi di infiltrazioni mafiose nell’impresa, allo studio una ipotesi di contraddittorio tra l’impresa stessa e la prefettura. A prevederlo è il decreto legge per l’attuazione del PNRR.
In sostanza una impresa che “occasionalmente” sia stata contigua alla criminalità organizzata, ma che rischia l’interdittiva, viene fornita una sorta di seconda possibilità attraverso un contraddittorio preventivo che si instaurerebbe con il Prefetto, il quale potrebbe richiedere anche l’adozione di modelli organizzativi previsti dal dlgs 231/01, ossia di una nuova organizzazione in grado di rendere impermeabile la società da tentativi infiltranti da parte della criminalità.
In sintesi il Prefetto prima di adottare l’interdittiva antimafia dovrà comunicare all’impresa l’avvio del procedimento ed assegnare un termine di 20 giorni per le deduzioni a discolpa.
Al termine del contraddittorio il Prefetto potrà: a) rilasciare una informativa liberatoria; b) determinarsi per l’interdittiva; c) imporre determinate misure ed una osservazione che varia da 6 a 12 mesi.
Quanto alle misure che potrebbero essere imposte si guarda al modello organizzativo previsto dal dlgs 231/01, ossia l’adozione di misure in grado di prevenire reati ed il cui controllo è demandato ad un organismo autonomo dalla governance.
#Legislazioneantimafia #PNRR #contraddittorio #impresa #interdittiva. #modello231/01.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaImpresa e Antimafia. Solo “l’interdittiva” consente il controllo giudiziario volontario. Codice Antimafia.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 35048/21 ha statuito che solo l’imprenditore colpito da “interdittiva antimafia” può chiedere il controllo giudiziario volontario (art. 34 bis Cod. Antim.) e non anche chi ha ricevuto la “comunicazione antimafia”. Il primo provvedimento, infatti, è frutto di una valutazione extragiudiziaria, posta in essere dal Prefetto e non cristallizzata in un atto giudiziario; il secondo è un atto obbligato, frutto di un accertamento che ha stabilito una sorta di “legame”, nel migliore dei casi, dell’imprenditore con ambienti contigui o intranei alla criminalità organizzata.
Secondo la S.C., pertanto, solo nel caso in cui ci sia una valutazione ad opera del Prefetto è possibile chiedere la sospensione del provvedimento prefettizio (da 1 a 3 anni) attraverso l’accesso al “controllo giudiziario”, che dovrebbe consentire un percorso di ”bonifica” ritenuta la presunta “occasionalità” dei rapporti tra l’imprenditore ed ambienti malavitosi. Si tratta di un nuovo istituto introdotto con la riforma del 2017, per mitigare la durezza dell’interdittiva innanzi casi di imprese “border line” salvabili.
#ImpresaeAntimafia #lnterdittiva #controllogiudiziariovolontario #CodiceAntimafia.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaArt. 10 ter dlgs 74/00. Se l’imprenditore non riscuote ed omette l’IVA, manca il dolo. Quindi manca il reato.
La Cassazione con la sentenza n. 31352/21 statuisce un principio nuovo ed in rottura con i precedenti giurisprudenziali maggioritari, riassumibile nei termini seguenti: se l’imprenditore riscuote crediti inferiori al 40% del fatturato ed omette di versare l’IVA, manca il dolo quindi deve andare assolto perché il fatto non costituisce reato.
In altri termini l’inadempimento contrattuale dei clienti fa venire meno uno dei presupposti del reato di evasione, ossia il dolo perché manca uno dei presupposti che fondano il reato di evasione.
In questi casi l’imprenditore deve dimostrare che ha fatto tutto il possibile per riscuotere i propri crediti, ritenuto, secondo la Corte, che non si può definire il mancato introito come “rischio d’impresa”, ma in questo caso va a collocarsi in un’area non imputabile alla volontà dello stesso.
Nel caso in esame i soci per scongiurare la crisi avevano rinunciato ai dividendi ed avevano immesso un cospicuo capitale per risanare l’azienda e pagare i debiti tributari.
La S.C. ha accolto il ricorso dell’impresa ed ha annullato con rinvio.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaRifiuto di atti di ufficio per il medico che non visita il paziente a seguito di richiesta da parte dell’infermiere. Cassazione penale sez. VI – 15/12/2020, n. 12806.
Un medico cardiologo è stato riconosciuto colpevole del reato di rifiuto di atti di ufficio, a seguito del ricorso la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata per essersi il reato estinto per prescrizione.
Tuttavia, la sentenza ha ribadito alcuni punti di estremo rilievo circa la configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio (art. 328 c.p.) a carico del medico in servizio presso il reparto di cardiologia invasiva dell’ospedale che non visita il paziente a seguito di richiesta da parte dell’infermiere.
Infatti, quando a richiedere l’intervento del medico sono figure professionali tecnicamente qualificate, quali sono gli infermieri, la giurisprudenza di legittimità ritiene che sul sanitario gravi un preciso obbligo di procedere immediatamente a visitare il paziente, con conseguente sussistenza del delitto di rifiuto di atti d’ufficio, qualora questo non accada.
Nel caso in esame, è stato ritenuto evidente (ed evidentemente sbagliato) l’atteggiamento tenuto dal medico nella vicenda: la risposta resa all’infermiere in occasione della nuova sollecitazione (“a me non frega un cazzo… quel paziente é fuori di testa… tu non sei in grado di definire se un paziente é in testa o meno… non hai le competenze, quindi torna a fare il tuo lavoro“).
Il medico è stato riconosciuto colpevole del reato di rifiuto di atti di ufficio ma, essendosi il reato ormai estinto per prescrizione, la sentenza è stata annullata.
Avv. Danilo Conti
ContinuaBancarotta fraudolenta documentale. “Dolo generico rafforzato”. Irregolare tenuta delle scritture contabili.
Le scritture contabili sono uno strumento di verità perché consentono di misurare il grado di correttezza di una azienda, sia con riferimento al patrimonio aziendale che al volume di affari. Esse costituiscono la cartina di tornasole in casi di fallimento di una azienda.
Quando le scritture non sono regolari il curatore nel redigere la relazione ex art. 33 L.F., da il via all’azione penale, esercitata dal PM, nelle varie forme previste dalla stessa legge.
L’art. 216 della L.F. al n. 2 prevede il reato di “Bancarotta fraudolenta documentale” nella duplice condotta: a) sottrazione di documenti; [e\o] b) irregolare tenuta delle scritture.
Nel primo caso la forma più lieve integra il reato di bancarotta documentale semplice (art. 217 L.F.). In questo caso è richiesto il “dolo specifico”, ossia la volontà specifica di elidere le garanzie patrimoniali, unica speranza per i creditori.
Nel secondo caso si versa nell’ipotesi di “Bancarotta fraudolenta documentale”, decisamente più insidiosa per gli amministratori di società perché per essa la giurisprudenza richiede il “dolo generico”. Ossia la semplice consapevolezza di rendere non ricostruibile il patrimonio societario.
Sul tema, però, si registra un recente orientamento della Corte regolatrice che con la sentenza n. 20882/21, ha ritenuto non sufficiente la “semplice” constatazione di una condotta che ha reso difficile la ricostruzione del patrimonio. La Corte ha ritenuto che vada svolto un approfondito scrutinio della condotta, precisando che si ha reato se sussiste una sorta di “dolo generico rafforzato”, ossia bisogna provare le ragioni che hanno spinto il soggetto agente ad impedire la ricostruzione del patrimonio.
In altri termini non basta limitarsi genericamente a sostenere che la irregolarità di tenuta delle scritture contabili è tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, ma è imprescindibile chiarire le “ragioni” che hanno spinto il reo a determinare una sottrazione delle garanzie patrimoniali per i creditori.
#Bancarottafraudolentadocumentale #Dologenericorafforzato #Irregolaretenutadellescritturecontabili #reatifallimentari #reati societari.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaReati tributari. Omesso versamento IVA. La prescrizione non preclude la confisca.
La Corte di Cassazione con una sentenza (n. 20793/21) che farà discutere, ha statuito che l’eventuale declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione non impedisce la confisca.
Si tratta di un orientamento restrittivo e decisamente sfavorevole soprattutto se ci si trova innanzi l’ipotesi di confisca per equivalente. Ed infatti dal 2018, data di entrata in vigore dell’art. 578 bis cpp, le S.U. hanno ritenuto che la portata della suddetta norma è di carattere generale e quindi la confisca va applicata anche ai reati extra codice penale (quindi anche ai reati tributari), ma soprattutto anche nei casi di confisca per equivalente.
Il caso in esame riguarda la condanna del legale rappresentante di una SPA che ha omesso il versamento dell’IVA. Alla condanna seguiva la confisca diretta ed indiretta. La S.C. nel dichiarare la prescrizione ha accertato la responsabilità dell’imputato e conseguentemente confermato la confisca.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
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