Foto dei figli minori sui social network: divieto di pubblicazione in assenza di consenso espresso, qualora sul punto esistano dissidi tra i genitori.
Il codice civile agli articoli 147 e 357 prescrive i doveri dei genitori nei confronti dei figli e impone ad ambedue l’obbligo di mantenerli, istruirli, educarli e assisterli. In queste norme rientra anche la corretta gestione dell’immagine dei minori sui social. In determinati casi, però, è possibile che questi doveri vengano compressi se in contrasto con il diritto alla privacy dei figli, anche se non ancora divenuti maggiorenni.
Il Tribunale di Chieti, con la sentenza n. 403/2020, oltre a dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto da una coppia, è intervenuto su una particolare tematica: la pubblicazione da parte dei genitori di fotografie dei propri figli minori sui social network. Il giudice ha dato rilevanza alla volontà del minore e ha statuito che sarà lui a decidere se e quando prestare il proprio consenso ai genitori riguardo la pubblicazione di proprie fotografie sui social.
Il caso: in una causa di divorzio veniva contestato, da parte di entrambi i genitori, la pubblicazione di fotografie “non opportune” del figlio minore sui rispettivi profili social e veniva chiesto al giudice di ordinarne la rimozione.
Il giudice di merito, nel pronunciare la sentenza, ha deciso di dar rilievo all’età del ragazzo, ritenendo quest’ultimo capace di autodeterminarsi, e ha ordinato “a entrambe le parti di astenersi da dette pubblicazioni in assenza di consenso esplicito del figlio (minore ma ormai entrato nel diciassettesimo anno d’età)”:
-in ossequio al D.lgs 101/2018, che ha recepito in Italia il Regolamento europeo sulla privacy, il cd. Gdpr (Ue 679/2016), che fissa a 14 anni la soglia minima per iscriversi a un social network senza il consenso dei genitori;
-e in linea con le ultime pronunce della Cassazione che ha definito come “grandi minori” i figli che, pur non avendo ancora raggiunto i 18 anni, hanno la facoltà di orientare le proprie scelte di vita.
La sentenza emessa dal Tribunale di Chieti potrebbe costituire un utile precedente nei casi, ad esempio, dei genitori che utilizzano nel loro smarthphone l’applicazione cd. parental control, per vigilare sugli spostamenti dei propri figli. Anche in questo caso, infatti, il figlio che abbia raggiunto almeno i 14 anni d’età potrà appellarsi alla propria capacità di autodeterminazione e al suo diritto alla privacy e ottenere l’inibizione dell’utilizzo dell’App da parte dei genitori, se ingiustificato.
Dott.ssa Daniela Cappello
Continua#falsoideologico #consulentePM #sussitenza #processoambientale #polveri #acciaieria
Importantissima (e auspicata) sentenza della Corte di Cassazione (18/20 n.18521, che ha ritenuto sussistente il reato di falso ideologico commesso dal consulente tecnico del PM il quale, pur esprimendo un giudizio valutativo, si è discostato dai criteri approvati dalla comunità scientifica e dai dati tecnici ufficiali vigenti.
In altri termini il consulente tecnico del PM che si discosta dai parametri “normativamente predeterminati o tecnicamente indiscussi”, commette il reato di falso ideologico se con false attestazioni prive di valore scientifico se ne discosta in maniera arbitraria.
Il giudice in questo caso avrà l’obbligo di motivare adeguatamente la trasmissione degli atti alla procura, ponendo in evidenza la discrasia scientifica rilevante ai fini del decidere.
Il caso esaminato dalla S.C. riguarda la compatibilità delle polveri emesse da un impianto di sinterizzazione dell’acciaio, il consulente tecnico del PM nella propria consulenza se ne era discostato consapevolmente, sottacendo che i “congeneri” presenti erano scientificamente compatibili, perché caratterizzanti il processo di lavorazione.
Una sentenza che dovrà far riflettere i tanti consulenti tecnici al servizio dei PPMM.
on. avv. Giuseppe Scozzari
#Bancarottafraudolenta #bancarottapatrimoniale #bancarottadocumentale #obbligomotivazionecondanna #corteappelloBrescia #nullitasentenza
La Corte di Cassazione (sent. n.15427/20) ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Brescia (nota per l’altissima percentuale di conferme) perché ha ritenuto inidonea a supportare una condanna la motivazione in essa contenuta.
La S.C. tiene a precisare che nel caso di reati fallimentari l’obbligo motivazionale va ulteriormente salvaguardato, non potendo essere esaurito con il mero richiamo a formule di stile, perché in tal caso verrebbe violato il diritto di difesa.
La vicenda riguarda un imprenditore condannato in 1° e 2° grado per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale accertati nel corso di un fallimento. La Corte osserva che è onere del giudice di appello non frustrare le aspettative dell’appellante sussistendo un preciso obbligo di analitica motivazione rispetto alle censure mosse alla sentenza di 1° grado. In altri termini la sentenza di appello difettava di tassatività, circostanza che ha determinato una lesione irreversibile del diritto di difesa.
Si tratta di una importante sentenza, che ripristina un rigore troppo spesso ignorato dai giudici di appello.
on. avv. Giuseppe Scozzari
Continua“Beyond any reasonable doubt” (B.A.R.D.) #Ragionevoledubbio #ricorsocassazione #ammissibilità\inammissibilità
Il principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” entra nel nostro processo con la riforma del 2006 (L: n° 46), mutuato dal principio anglosassone del c.d. B.A.R.D. (acronimo inglese presente nel processo nordamericano).
La Cassazione con la sentenza n. 18313/20 ha chiarito i termini ed i contenuti del suddetto principio affermando che per l’applicazione di esso, bisogna distinguere a seconda che ci si trovi in sede di merito oppure di legittimità.
La S.C. ha chiarito che l’applicabilità di esso è consentita anche innanzi il giudice di legittimità, ma la censura mossa alla sentenza impugnata dovrà riguardare la assoluta carenza della tenuta logica della motivazione. In altri termini bisognerà dimostrare che sussiste una frattura decisiva del percorso logico argomentativo. Altro tema se la censura viene mossa in sede di merito, in questo caso oltre al vizio logico argomentativo, si potrà rilevare l’errata valutazione delle prove operata dal giudice di primo grado, sostenendo, sulla base delle evidenze difensive, che una valutazione alternativa di esse renderebbe logico e coerente il percorso motivazionale. Tale rilievo non è ammissibile in sede di legittimità.
La conseguenza è che la regola del “beyond any reasonable doubt” può essere proposta in Cassazione ma solo nei termini indicati.
In conclusione nel processo americano il giudice fa una raccomandazione alla giuria nel corso delle “instructions”.
Nel nostro processo il principio in esame, invece, trova il riferimento normativo nell’art. 27 comma 2 della Costituzione.
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaRimborso Iva 78 mln. #rimborsoiva #operazioniinfragruppo #esteroitalia #evasioneimpostaregistro #sequestronullo
La Cassazione con la sentenza n. 20900/20 ha annullato il sequestro di 78 miln di € per rimborso IVA, disposto dal tribunale di Pescara nei confronti di una multinazionale italiana
La S.C. ha annullato per mancanza di motivazione, ma in realtà ha anche affrontato la questione di diritto posta dai ricorrenti.
Per il Tribunale di Pescara l’operazione intervenuta tra due società, una belga ed una italiana, facenti parte dello stesso gruppo, camuffava una cessione di ramo di azienda che andava sottoposta a tassazione di imposta di registro, che sarebbe in altri termini l’imposta, sempre secondo il tribunale, evasa.
La Cassazione nell’annullare il sequestro preventivo di oltre 78 milioni di euro a carico della multinazionale farmaceutica, ha ritenuto priva di motivazione l’ipotesi prospettata nel decreto di sequestro e nel rinviare al tribunale in diversa composizione, ha indicato un preciso percorso giuridico affermando che il nuovo riesame dovrà, da un lato “rivalutare” le tesi difensive dedotte con il primo ricorso; dall’altro verificare la sussistenza di ipotesi di reato riconducibile a fattispecie diversa rispetto a quella provvisoriamente contestata.
on. avv. Giuseppe Scozzari
Continua#Art378cp #Infortunisullavoro #reatipenali
Corte di Cassazione penale n. 22253/20: risponde del reato di favoreggiamento il lavoratore che fornisce notizie mendaci all’Autorità sulla dinamica di un infortunio sul lavoro accaduto ad un collega. La paura del licenziamento non giustifica le false dichiarazioni.
L’art. 378 del codice penale disciplina il reato di “favoreggiamento personale” che si configura quando un soggetto aiuta taluno ad eludere le investigazioni dell’Autorità o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti.
La Corte di Cassazione, VI sez. penale, con la sentenza n. 22253/20, ha confermato la condanna dei giudici di I e II grado per il reato ex art. 378 c.p. a carico di un lavoratore che aveva mentito alla Polizia Giudiziaria sulle modalità di un infortunio avvenuto sul posto di lavoro ad un collega.
In particolare, i giudici di merito ritenevano che l’imputato avesse reso dichiarazioni che avrebbero sviato le indagini che si svolgevano, per quel sinistro, nei confronti del datore di lavoro e del responsabile della sicurezza per l’ipotesi di reato di cui all’art. 590 c.p.
La difesa interponeva ricorso in Cassazione avverso la decisione dei giudici di primo e secondo grado per due ordini di motivi:
• Vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento alla ritenuta configurabilità del favoreggiamento contestato.
• Vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento alla ritenuta non configurabilità dell’esimente di cui all’art. 384 c.p.
La difesa sottolineava che il lavoratore aveva il timore di eventuali ritorsioni da parte del datore di lavoro ed, inoltre, che non erano state considerate le dichiarazioni degli altri colleghi presenti sul cantiere i quali avrebbero riferito che l’imputato non si trovava nel luogo dove era avvenuto l’incidente.
La S. C. ritiene il ricorso inammissibile e ribadisce che il timore di un licenziamento “non risponde ad una concreta dimostrazione in punto di fatto ma ad una mera suggestione logica” dal momento che l’imputato non ha mai cambiato versione neppure quando, nel corso del giudizio, avrebbe potuto avvalersi del ricorso all’art.376 c.p., essendo stato peraltro licenziato da tempo.
Dott.ssa Daniela Cappello
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#bancarottafraudolenta #nessunacondannaimpiegati #attivitàmanuale #nessunattogestione
La Corte di Cassazione con la sentenza 21796-20 ha annullato la sentenza della Corte di Appello che confermava la condanna di primo grado, nei confronti di due imputati che pur sedendo nel board societario di fatto erano i carpentieri della società che svolgevano solo attività manuale.
La Procura aveva promosso il giudizio per bancarotta a seguito dell’omesso deposito dei bilanci societari. Il tribunale aveva ritenuto sussistente l’elemento psicologico, sentenza confermata in secondo grado.
La Cassazione non ci sta è annulla, perchè il fatto non costituisce reato, sostenendo che nonostante i dipendenti sedessero nel CDA della società fallita, erano dei carpentieri che nulla sapevano della gestione societaria men che meno dell’omessa presentazione e sottrazione di bilanci e scritture contabili. La S.C. afferma che il dato normativo richiede ben altro per procedere alla condanna.
La Corte di Appello aveva ravvisato la sussistenza dell’elemento psicologico sostenendo che l’attività dei dipendenti aveva impedito al curatore di ricostruire l’intera gestione poi rivelatasi fallimentare, adducendo un oggettivo obbligo di controllo. Tesi non condivisa dalla S.C.
on. avv. Giuseppe Scozzari
Continua#Iva #sanzionimprese #231applicabile #direttivaPIF #recepimento
Il governo ha recepito la Direttiva PIF (Protezione Interessi Finanziari) n. 1371-17 che estende, tra i reati presupposto del DLGS 231, le maxi frodi IVA.
Le imprese risponderanno dei reati dei propri dipendenti nel caso in cui questi commettano reati contro la P.A..
Si tratta di reati che, nella ratio della norma, compromettono il bilancio dell’U.E..Questo in sintesi quanto previsto dal decreto emanato dal Capo dello Stato il 6/7/2020, che va a completare la riforma tributaria che ha introdotto i reati fiscali, prevedendo la punibilità per le forme più gravi di evasione dell’IVA, anche nell’ambito transnazionale.
Vengono introdotti anche i reati di peculato, indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato e induzione indebita, per i casi in cui si verifica un danno superiore a 100.000 euro per il bilancio Ue, la pena detentiva aumenta fino a un massimo di 4 anni
In ambito dei reati fiscali la pena si applica nei casi di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e indebita compensazione, in ambito internazionale, se l’evasione supera i 10 milioni di euro, è punibile anche il tentativo, con sanzione pecuniaria sino a un massimo di 400 quote. Previste pene anche per il contrabbando e le frodi agricole.
on. avv. Giuseppe Scozzari
#Confiscabeni #imprenditore #appellooltre18mesi #dissequestro #confiscaannullata
Importante sentenza che farà discutere molto quella della Suprema Corte (n. 21532/2020) che ha statuito la restituzione dei beni all’imprenditore, nel caso in cui l’appello non si concluda entro 18 mesi.
La Cassazione ha annullato la confisca e dissequestrato tutti i beni all’imprenditore ricorrente, precisando che in un procedimento che ha ad oggetto misure patrimoniali, l’appello deva avere un limite temporale dovendosi chiudere entro 18 mesi. Solo eccezionalmente, precisano i giudici di legittimità, possono essere date due proroghe ma esse devono essere motivate dalla difficoltà oggettiva dell’indagine.
Il dies a quo decorre dal deposito del decreto, presupposto che radica giuridicamente il provvedimento tra gli atti ufficialmente e giuridicamente esistenti.
Se la Corte di Appello non chiude il procedimento entro il suddetto termine si riespande il diritto dell’imprenditore ad avere restituiti i propri beni. Il procedimento aveva preso avvio dalla contestazione all’imprenditore dei reati di gravi indizi di intestazione fittizia e provenienza illecita.
on. avv. Giuseppe Scozzari
Continua#abusodufficio #art323cp #riformane cessaria #meno discrezionalita
Finalmente in Parlamento la riforma del reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) Il testo è contenuto nel decreto legge sulle semplificazioni che a giorni sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
La pena prevista rimane da 1 a 4 anni, ma la condanna scatterebbe nel caso di violazione di norme «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità».
In sostanza sparisce il riferimento alla violazione dei regolamenti che apriva la strada ad una serie infinita di ipotesi di condanna, perché amplificava enormemente la discrezionalità dei giudici sia in sede di contestazione del reato, sia in sede di condanna, ad onore del vero di ridottissimo numero (nel 2017, 6. 582 fascicoli aperti e 57 condanne, ma nel 2016 erano state 46, con 6.970 procedimenti).
In poche parole saranno punibili solo le condotto fortemente illecite.
Sulla riforma c’è un ampio consenso, speriamo vada in porto, ovviamente si confida nel buon senso in fase di applicazione normativa.
on. avv. Giuseppe Scozzari
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