Diritto del Lavoro: Le emoticon possono salvare una lavoratrice dal licenziamento.
Con ricorso ex art. 414 del c.p.c una lavoratrice impugnava il licenziamento per giusta causa che le era stato intimato dalla società presso la quale lavorava e da cui era stata assunta a tempo indeterminato. La giusta causa del licenziamento, secondo il datore di lavoro, andava ricercata in pesanti offese personali che la lavoratrice aveva rivolto allo stesso in un gruppo Whatsapp, gruppo chiuso e formato da tre colleghe. Il Tribunale di prime cure dopo aver esaminato tutte le prove ha emesso una innovativa sentenza (Cfr. Sentenza Trib, Parma n. 327 del 2019). Infatti, secondo il Giudice, non è possibile ravvisare un atteggiamento diffamatorio da parte della lavoratrice, perché dal tenore della conversazione e dall’utilizzo delle emoticon dopo ogni frase, non è possibile comprendere se alcune frasi vengano dette seriamente in quanto il contesto in cui vengono pronunciate è deformalizzato e amichevole.
Altresì, la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21965 del 2018, ha affermato che non è possibile configurare una condotta diffamatoria quando questa si svolga all’interno di un contesto privato, chiuso, come posso essere i gruppi Whatsapp o le mailing list.
La sentenza del Tribunale di Parma e l’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione sono il frutto del cambiamento epocale portato dal web, cambiamento a cui i tribunali di merito e di legittimità per fortuna a volte non si sottraggono. In questa vicenda una faccina ha salvato un posto di lavoro.
Dott.ssa Roberta Mossuto
ContinuaSEQUESTRO PENALE. Alle Sezioni Unite la legittimazione del curatore di impugnare il sequestro disposto prima della dichiarazione di fallimento.
Importante apertura della 3^ sez. penale della Cassazione (ord. n. 22602-19) su un tema rilevante nella procedura fallimentare, ossia se in caso di sequestro disposto prima della dichiarazione di fallimento il curatore sia o meno legittimato ad impugnare la misura cautelare reale.
Fino ad ora le S.U. (caso Uniland sent. 11170/2015) con un orientamento restrittivo hanno precluso tale possibilità.
Ma la terza sezione con un percorso giuridico ragionevole e coerente con la nuova legislazione penale, ha invitato le S.U. a mutare orientamento. In sintesi la 3^ la corte afferma che dopo l’approvazione delle nuove norme sulla crisi d’impresa e l’insolvenza (Dlgs 14/19 in vigore dal 15.8.20), il curatore potrà impugnare tali misure, ergo non servirebbe attendere fino al 2020, pena la paralisi giudiziaria. Infatti secondo il nuovo art. 320 “Contro il decreto di sequestro e le ordinanze in materia di sequestro il curatore può proporre richiesta di riesame e appello nei casi, nei termini e con le modalità previsti dal codice di procedura penale. Nei predetti termini e modalità il curatore è legittimato a proporre ricorso in Cassazione”
Avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaPenale: Il blogger è responsabile per i commenti diffamatori pubblicati sotto ad un suo post.
La Suprema Corte di Cassazione ritorna a pronunciarsi su un tema attualissimo, ovvero se è configurabile una responsabilità in seno al blogger per i contenuti diffamatori pubblicati da altri utenti nel blog. La sentenza n. 12546 del 2019 della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito, innanzitutto, la differenza tra providers e blogger. I provider sono dei fornitori di servizi informatici che rispondono solamente per gli illeciti posti in essere in prima persona. In tema di responsabilità del provider molte direttive comunitarie non impongono a quest’ultimo né l’obbligo generale ex ante di sorveglianza, né tanto meno l’obbligo di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
Il blog, invece, deve essere considerato come una sorta di diario, in cui il blogger “posta” dei contenitori aggiornabili in tempo reale. Se al “pensiero” o al “post” seguono dei commenti offensivi da parte di altri utenti, può essere esclusa la personale responsabilità del blogger. In tal senso, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è espressa affermando che non è configurabile una responsabilità in capo agli amministratori del blog quando questi rimuovono prontamente il commento offensivo. Nel caso però che ha investito la Suprema Corte di Cassazione, l’amministratore del blog non ha eliminato i commenti denigratori, lasciando quindi, che l’offesa si perpetrasse nel tempo. La Corte ha affermato che l’amministratore/blogger è colpevole del reato di diffamazione perché “il gestore apprende che sono stati pubblicati da terzi contenuti obiettivamente denigratori e non si attiva tempestivamente a rimuovere tali contenuti, finisce per farli propri e quindi per porre in essere ulteriori condotte di diffamazione, che si sostanziano nell’aver consentito, proprio utilizzando il suo web-log, l’ulteriore divulgazione delle stesse notizie diffamatorie”. In altre parole, la Corte fa ricorso a una responsabilità in concorso ex artt. 40 e 110 del codice penale, il blogger venuto a conoscenza dei contenuti offensivi pubblicati sul suo diario non li ha rimossi e li ha, anche inconsapevolmente, ulteriormente divulgati.
Questo principio impone ai bloggers un dovere giuridico di controllo della loro blog, in caso di omesso controllo incorreranno in un reato commissivo mediante omissione.
Dott.ssa Roberta Mossuto
ContinuaABUSO D’UFFICIO (ART. 323 C.P.). UN REATO CHE VA ABOLITO SUL QUALE MOLTI PM HANNO COSTRUITO LE LORO CARRIERE DISTRUGGENDO QUELLA DI ALTRI.
Quando nel 1998 alla Commissione Giustizia della Camera discutemmo della riforma dell’art. 323 c.p. ero uno di quei parlamentari (troppo giovane ahimè) ideologicamente contrario alla riforma, al punto che presentammo circa 10.0000 emendamenti, occupammo l’aula ecc.. Sostenevamo (noi della Rete di Leoluca Orlando) che era un colpo di spugna. A distanza di 21 anni e dopo avere preso parte da avvocato in centinaia di processi in cui veniva contestato questo reato, posso dire che si tratta di un reato inutile, difficile da provare, che ha determinato il 99% delle assoluzioni e che peraltro oggi è più che bilanciato da altri ben più gravi reati contro la P.A. quali il peculato, la corruzione, il traffico di influenze illecite ecc…
In realtà questo reato è servito però a qualcuno, è servito ai tanti PM che su questa norma hanno costruito le loro carriere distruggendo la vita e le carriere altrui, spesso di gente perbene che ha immediatamente lasciato la politica.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti!
Quindi aboliamo questo reato e concentriamoci a istruire e discutere sui processi seri.
Avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaSEQUESTRO PER OMESSO VERSAMENTO RITENUTE. SEQUESTRABILE SOLO IL SALDO PRESENTE SUL CONTO ALLA SCADENZA DEL TERMINE PER VERSARE L’IMPOSTA.
Il tempus commissi delicti costituisce il limite temporale di riferimento per circoscrivere la somma sequestrabile.
La S.C. con una decisione (22061/19) che finalmente fa chiarezza, ha statuito l’illegittimità del sequestro eseguito per somme superiori ai saldi presenti sul conto corrente al momento di scadenza del versamento dell’imposta omessa.
Si tratta di una vicenda nella quale un imprenditore aveva omesso il versamento delle ritenute. Il GIP aveva disposto il sequestro di una somma ben superiore rispetto a quella presente nei saldi del conto corrente alla data di scadenza dell’imposta.
Si confida in una futura uniformità di orientamento sia della S.C. che dei giudici di merito.
on. avv. Giuseppe Scozzari
XVII CONGRESSO SEZIONE CAMPANO SICILIANA SOCIETA’ ITALIANA DI NEFROLOGIA. INTERVENTO AVV. GIUSEPPE SCOZZARI LA RESPONSABILITA’ PENALE, CIVILE ED ERARIALE.
La tematica della colpa professionale del medico rappresenta una di quelle questioni maggiormente dibattute dalla letteratura giuridica penalistica e civilistica.
ContinuaXVII CONGRESSO SEZIONE CAMPANO SICILIANA SOCIETÀ ITALIANA DI NEFROLOGIA
L’avv. Giuseppe Scozzari sarà relatore e tratterà il tema: la responsabilità penale, civile ed erariale.
Noto, 9-11 MAGGIO 2019 – Grand Hotel Sofia
Reati tributari: anche i professionisti devono giustificare i movimenti dei propri conti correnti bancari.
Le presunzioni nel processo tributario non costituiscono prova nel processo, ma indizi che dovranno essere valutati liberamente dal giudice, unitamente ad elementi esterni che convalidino l’illiceità della condotta.
La S.C. con un costante orientamento che delinea i limiti di applicabilità delle presunzioni tributarie nell’ambito del processo penale, pur non costituendo di per sé prova della sussistenza del reato, costituiscono dati di fatto che devono essere valutati dal giudice liberamente, insieme ad elementi di riscontro a riprova della illiceità della condotta. La S.C. con la pronuncia della Sezione III penale, sentenza 27 marzo 2019 n. 13334 ha esteso l’applicabilità del suddetto principio anche ai compensi dei professionisti.
Secondo la S.C. “il principio ha portata generale visto che si applica sia al reddito di impresa che a quello da lavoro autonomo e professionale”.
Pertanto sia i prelevamenti che i versamenti che transitano nel conto del professionista devono avere una loro giustificazione, sia nel caso che derivino da attività professionale, sia che derivino da attività diverse non imputabile alla professione.
Avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaProcedura Penale. Art. 517 cpp. Nuove contestazioni. La Corte Costituzionale innesta nel codice un nuovo tassello garantista.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 82/19 ha ritenuto illegittima la mancata previsione, nell’art. 517 cpp, per l’imputato di chiedere nel corso del dibattimento l’applicazione della pena (patteggiamento) nel caso di nuove contestazioni.
Secondo il giudice a quo tale mancata previsione determinava una ingiustificata violazione del diritto di difesa ed una disparità tra soggetti processuali, ossia tra un imputato che ha ricevuto sin dalle prima battute le contestazioni di reato complete e chi, per responsabilità spesso dei PPMM, invece le ha “subite” nel corso del processo.
La Consulta sposa un orientamento decisamente garantista che va nella direzione dello spirito accusatorio cui dovrebbe essere uniformato il nostro codice di procedura penale.
Questa pronuncia costituisce un importante argine in chiave garantista rispetto al deleterio fenomeno delle contestazioni tardive, benevolmente quasi sempre fatte passare dai tribunali in soccorso dei PPMM, soprattutto nei casi di contestazioni “patologiche”, che sono un vero e proprio affronto al sistema accusatorio.
Avv. Giuseppe Scozzari
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