D.LGS. 231/01 L’ENTE RISPONDE PER “FATTO PROPRIO” SE NON VENGONO ADOTTATI ACCORGIMENTI IDONEI AD EVITARE LA COMMISSIONE DI REATI
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.1971/2024, ha ulteriormente rafforzato un principio già consolidato in tema di responsabilità da reato dell’ente.
Ai fini della configurabilità di detta responsabilità, sostiene la Suprema Corte, non basta la mancanza o l’inidoneità di modelli di organizzazione, essendo altresì necessaria la cd “colpa di organizzazione”.
Il concetto di “colpa di organizzazione”, più volte richiamato dalla Cassazione nelle pronunce riguardanti la responsabilità dell’ente, deve essere tenuta distinta dalla colpa degli autori del reato.
La struttura dell’illecito addebitabile all’ente è infatti incentrata sul reato presupposto e permette di escludere che possa essere attribuito all’ente un reato commesso sì da soggetto incardinato nell’organizzazione, ma per fini estranei agli scopi di questa. Il legislatore, infatti, all’art. 5 d.lgs.231/01, ha richiesto quale presupposto di imputazione della responsabilità all’ente, che il reato sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio.
La “colpa di organizzazione” richiesta ai fini dell’affermazione della responsabilità in capo all’ente è da intendere in senso “normativo”, ricollegata cioè al rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione di reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità dell’ente.
Ciò consente di affermare che “l’ente risponde per “fatto proprio” e che – per scongiurare addebiti di responsabilità oggettiva – deve essere verificata una “colpa di organizzazione” dell’ente, dimostrandosi che non sono stati predisposti accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato”.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza