Dichiarazione infedele. Art. 4 dlgs 74/00. I costi fissi secondo la Cassazione fanno parte delle spese di carattere generale dell’imprenditore.
Con la sentenza n. 641/21 la 3^ sez. penale della Cassazione è intervenuta su un tema controverso, sia in dottrina che in giurisprudenza, relativamente alla configurabilità del reato di dichiarazione infedele dell’imprenditore che, nella propria dichiarazione dei redditi, indichi elementi attivi e\o passivi non corrispondenti al vero. L’imposta evasa per essere penalmente rilevante deve superare la soglia prevista dall’art. 4 ossia € 100,000,00 (o superiore al 10% di quanto indicato nella dichiarazione oppure superare i 2 mln di €).
Nel caso in esame secondo i giudici di merito i c.d. “costi fissi” non avrebbero dovuto essere valutati, ai fini del “non” superamento della soglia, perché non inerenti ai costi sostenuti dall’impresa per produrre reddito.
La Cassazione ha annullato ricordando che i criteri di deducibilità dei costi sono rappresentati dall’effettiva tracciabilità degli stessi, nonché dell’inerenza di essi rispetto al ciclo produttivo, quindi la riferibilità va rapportata non ai ricavi ma all’oggetto dell’impresa.
Tema centrale del ricorso per Cassazione era la quantificazione ed individuazione della soglia di punibilità, ossia verificare l’eventuale superamento della stessa. Gli imprenditori che avevano fatto ricorso ai giudici di legittimità avevano prodotto una consulenza, non valutata dai giudici di merito, che dimostrava il non superamento della soglia e l’inerenza dei costi di produzione. La Cassazione nell’accogliere il ricorso ha affrontato il tema della deducibilità dei costi con espresso richiamo delle norme extrapenali di riferimento.
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on. avv. Giuseppe Scozzari