Diritto Amministrativo: La P.A., nell’ambito dei procedimenti ad evidenza pubblica, non è esente dal regime della responsabilità precontrattuale per violazione dei doveri di correttezza e buona fede.
L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5, ha affermato che anche la Pubblica Amministrazione, nello svolgimento dell’attività autoritativa nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, è soggetta, non solo al rispetto delle norme di diritto pubblico ma anche, alle norme civilistiche della responsabilità precontrattuale che impongono di agire con lealtà e correttezza nell’ambito di tutte le fasi della procedura.
Il Consiglio di Stato con tale pronuncia ha posto un argine all’ondivago orientamento giurisprudenziale, che talvolta sosteneva la tesi in base alla quale la responsabilità precontrattuale fosse configurabile anche nella fase anteriore la scelta del contraente ed a prescindere dall’aggiudicazione (ex plurimis Cons. di Stato, sez V, 15 luglio 2013, n. 3831), talaltra, invece, sosteneva la tesi contraria in base alla quale la responsabilità precontrattuale non sarebbe configurabile anteriormente alla scelta del contraente poiché essa sarebbe connessa alla violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto (ex plurimis Cons. di Stato, sez. V, 8 novembre 2017, n. 5146).
Peraltro, l’ordinanza di remissione della questione all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha mostrato di aderire a tale ultimo orientamento, ponendo a supporto di ciò argomentazioni di carattere squisitamente civilistico in base al quale il bando di gara andrebbe qualificato alla stregua di un’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. o di una proposta di contratto in incertam personam.
Per effetto di tale assunto il Collegio rimettente, ritenendo la fase prodromica all’individuazione dei contraenti assorbita nella fase pubblicistica della competizione, sostiene che in questa fase non sarebbe configurabile la disciplina civilistica della responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c..
L’adunanza plenaria ha ritenuto di doversi discostare da tale assunto, ed ha affermato che “il dovere di correttezza e di buona fede oggettiva (e la conseguente responsabilità precontrattuale derivante dalla loro violazione) sia configurabile in capo all’Amministrazione anche prima e a prescindere dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva” ed inoltre che “tale responsabilità sia configurabile senza che possa riconoscersi rilevanza alla circostanza che la scorrettezza maturi anteriormente alla pubblicazione del bando oppure intervenga nel corso della procedura di gara”.
Il Consiglio di Stato, a sostegno di quanto sopra, richiama l’art. 2 della Carta Costituzionale cui viene ricondotto il fondamento del dovere di comportarsi secondo correttezza e buona fede in quanto rappresentazione di una manifestazione del più generale dovere di solidarietà sociale.
Ed in particolare, un soggetto pubblico, sottoposto ai principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., non può esimersi da un comportamento di correttezza e buona fede nei confronti del cittadino, in quanto pur mancando eventualmente una trattativa in senso tecnico-giuridico, essa è comunque idonea ad ingenerare ragionevoli affidamenti e fondate aspettative.
Infatti, l’Adunanza Plenaria afferma che ciò che il dovere di correttezza mira a tutelare è “la libertà di autodeterminazione negoziale”.
Compendiando il percorso argomentativo seguito dal Consiglio di Stato con la pronuncia in commento nel quale viene affermato che nell’ambito delle procedure di evidenza o pubblica e più in generale del procedimento amministrativo le regole pubblicistiche e le regole privatistiche operano in maniera contemporanea e sinergica, dal momento che le regole di diritto pubblico hanno ad oggetto il provvedimento amministrativo inteso quale esercizio diretto ed immediato del potere autoritativo, e le regole di diritto privato che hanno ad oggetto il comportamento complessivamente tenuto dalla staziona appaltante nel corso della gara.
Il Consiglio di Stato ha, altresì, precisato che al fine di configurare una responsabilità in capo alla Pubblica Amministrazione è necessario che concorrano i seguenti presupposti: a) che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva; b) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, nel suo complesso, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà; c) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; d) che il privato provi sia il danno – evento, sia il danno – conseguenza ed anche i relativi rapporti di causalità rispetto alla condotta rispetto alla condotta scorretta che si imputa all’amministrazione.
In conclusione, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in applicazione del principio del legittimo affidamento, ha esplicitamente affermato che, la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione possa configurarsi anche prima dell’aggiudicazione e possa derivare anche da comportamenti anteriori al bando, in modo da tutelare così le ragioni dei privati cittadini che si rapportano con le Pubbliche Amministrazioni.
Dott. Gaspare Tesè