Diritto Penale Ambientale: La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 29652/2018 torna a pronunciarsi sulle procedure di “end of waste” dei materiali di dragaggio.
La Corte di Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza con la quale il Tribunale di Gorizia aveva confermato il provvedimento di diniego del GIP, con il quale veniva rigettata la richiesta di sequestro preventivo dell’impianto di recupero dei fanghi di dragaggio, nell’ambito di un procedimento penale in merito al reato di “attività di gestione di rifiuti non autorizzata” di cui all’art. 256 del D.lgs. 152/2006.
La Corte, in particolare, ha statuito che il conseguimento dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del Testo Unico Ambientale (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) rappresenta il presupposto affinché possa essere svolta l’attività di gestione dei rifiuti. Tuttavia per le operazioni volte a far cessare la qualifica di rifiuto occorre un quid pluris, ovvero: a) l’effettuazione di un trattamento di recupero, consistente anche solo in un’attività di cernita dei diversi materiali; b) l’effettuazione delle analisi, volte ad escludere i rischi correlati alla reimmissione degli stessi nell’ambiente; c) solo all’esito positivo delle analisi svolte, in ossequio ai requisiti ed alle condizioni di cui all’art. 184 quater del D.lgs. 152/2006, i materiali dragati cessano di essere qualificati come rifiuti. Pertanto, solo all’esito di tale iter i materiali dragati potranno essere reimmessi sul mercato come merci e come tali trasportati fuori dallo stabilimento con il documento di trasporto (D.D.T.).
Ed infatti, secondo i Giudici della terza sezione penale, la disciplina relativa alle operazioni di cessazione della qualifica di rifiuti dei materiali, nella specie provenienti da dragaggio, non può esulare dall’osservanza delle specifiche procedure previste all’art. 184 quater del T.U.A., in relazione alla tipologia di rifiuti.
Peraltro, afferma la Suprema Corte che, la norma di cui all’art. 184 quater del D.lgs. 152/2006 si pone in rapporto di specialità rispetto all’art. 184-ter, che disciplina in generale le operazioni di cessazione della qualifica di rifiuto, atteso che la suddetta norma si riferisce esclusivamente all’utilizzo dei materiali di dragaggio.
Precisamente, l’art. 184 quater del T.U.A. prevede una serie di requisiti affinché i materiali dragati cessino di essere qualificati come rifiuti, all’esito delle operazioni di recupero, quali: 1) il non superamento dei valori delle C.S.C. di cui alla tabella 1 A e B (in base alla destinazione d’uso del luogo ove i materiali verranno riutilizzati), dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del testo unico ambientale; 2) che sia certo il sito di destinazione di tali materie, senza rischi per le matrici ambientali.
Pertanto, i Giudici della Suprema Corte sostengono che, solo all’esito della procedura e nel rispetto dei requisiti di cui all’art. 184 ter del D.lgs. 152/2006, i materiali di dragaggio potranno essere movimentati dall’impianto con il c.d. documento di trasporto (DDT), in assenza del formulario di identificazione rifiuti (FIR).
Per concludere, non si può non rilevare che, sul tema delle procedure di “end of waste”, il 18 giugno 2018 è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con il quale il Ministero dell’Ambiente ha stabilito i criteri in presenza dei quali il c.d. fresato di asfalto cessa di essere qualificato come rifiuto.
Dott. Gaspare Tesè