Diritto penale del lavoro. Rspp: ridisegnato il ruolo dalla Suprema Corte. “Non può essere considerato un semplice consulente del datore di lavoro”.
La IV sezione della Suprema Corte di Cassazione ha ridefinito il ruolo del Responsabile del Servizio di Previdenza e Protezione. La Corte, mutando un precedente orientamento interpretativo, ha precisato che tale figura – ancorché non abbia un ruolo operativo – non può affatto essere considerato come un mero consulente del datore di lavoro.
Il sistema prevenzionistico, tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti e su diversi livelli di responsabilità organizzative e gestionale, vede il datore di lavoro come primo garante della salute ed incolumità fisica e morale dei prestatori di lavoro. L’art. 17 del D.lgs n. 81/2008 impone, infatti, al datore di lavoro di effettuare la valutazione di ogni rischio che può verificarsi sul luogo di lavoro, il quale – per la redazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) – può avvalersi della consulenza di un professionista.
Le caratteristiche – vocatamente consultive e prive di effettivi poteri decisionali – hanno reso il Responsabile del Servizio di Previdenza e Protezione una figura di non sempre facile collocazione all’interno del complesso di obblighi e responsabilità previsti dalla normativa antinfortunistica.
In ragione di ciò ed anche in considerazione del fatto che il D.lgs n. 81/2008 non prevede specifiche sanzioni a carico del RSPP, la giurisprudenza di legittimità in passato aveva affermato che il suddetto professionista non fosse il “titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica; lo stesso, piuttosto, opera quale consulente in tale materia del datore di lavoro, il quale è e rimane direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio” (Cfr.: Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 11492/2013).
La sentenza in commento del 20 luglio 2018, n. 34311 della S.C., individua a carico del RSPP ambiti di responsabilità, riconoscendo direttamente in capo allo stesso una posizione di garanzia. La Corte ha, infatti, sottolineato che “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo e gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente all’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli”.
Conseguentemente, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere, oggi, chiamato a rispondere – in concorso con il datore di lavoro o anche a titolo esclusivo – del verificarsi di un infortunio sul lavoro ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare.
Alla luce, dunque, della più recente giurisprudenza – volta ad ampliare le ipotesi di responsabilità nell’ottica di una maggiore sensibilizzazione di tutto il sistema prevenzionistico – si rende assolutamente necessario un confronto costante ed imprescindibile tra datore di lavoro ed RSPP, al fine di gestire e prevenire al meglio ogni possibile rischio.
Dott.ssa Mariagrazia Broccia