Diritto Penale: Reato di oltraggio a pubblico ufficiale e riparazione del danno secondo una recente sentenza giudiziaria.
La I Sezione Penale del Tribunale di Agrigento ha emesso sentenza di “non doversi procedere”, per intervenuta riparazione del danno, nei confronti dell’imputato che veniva accusato del reato di “oltraggio a pubblico ufficiale”.
L’art. 341 bis del c.p. prevede che “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.”
Nel caso in esame, ripercorrendo i fatti, l’imputato veniva accusato del reato ex art. 341 bis del codice penale perché in luogo pubblico e in presenza di più persone offendeva l’onore e il prestigio di un Brigadiere e di un Appuntato dei Carabinieri, entrambi pubblici ufficiali in servizio presso la sede dei C.C di Agrigento, mentre compivano un atto del loro ufficio.
Dopo essere stato tratto in giudizio innanzi al Tribunale di Agrigento con decreto di giudizio immediato e dopo l’apertura del dibattimento, l’imputato, per mezzo del proprio difensore, effettuava una offerta reale (ex art. 1209 c.c.) a titolo simbolico di risarcimento del danno arrecato ai due Carabinieri in conseguenza del reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La somma pagata era stata parametrata alle condizioni di indigenza economica in cui versava il nucleo familiare dell’imputato ed accompagnata da formali scuse.
In punto di diritto, occorre rilevare che l’art. 341 bis c.p. prevede al comma 3, che “ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa, sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.” Il legislatore ha previsto, dunque, l’automatica estinzione del reato in presenza della integrale riparazione del danno, senza che debbano essere sentite le parti e la persona offesa e senza che si lasci analogo spazio valutativo al giudice.
Nella sentenza n. 1648/2018 del giudice monocratico di Agrigento, viene scritto che “la configurazione dell’integrale riparazione del danno quale causa di estinzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale (di cui al comma 3 dell’art. 341 bis c.p.) ha, evidentemente lo scopo di evitare la celebrazione del processo ove l’evento dannoso sia stato integralmente ristorato dall’imputato, con il conseguente venir meno dell’interesse alla punizione della condotta oltraggiosa.”
Nel caso in specie, il danno è stato risarcito, ancorché simbolicamente, quando il processo era già stato incardinato; a tal proposito, potrebbe ritenersi che lo strumento estintivo del reato, previsto dal codice penale ed a cui si è fatto cenno, possa operare soltanto ove non si sia mai tenuta alcuna udienza.
A giudizio dell’organo decidente, tuttavia, la riparazione del danno, di cui all’art. 341 bis, co. 3, c.p., fa riferimento ad un effetto estintivo nella sua portata meramente oggettiva, senza che si tenga conto, in particolare, di alcun profilo psicologico-attitudinale (quale quello, nel caso in specie, delle formali scuse che l’imputato ha accompagnato alla offerta reale effettuata a titolo di risarcimento del danno). La riparazione estintiva di cui nella disposizione in esame, non deve necessariamente avvenire prima dell’inizio del dibattimento e tale condotta riparatoria non deve escludersi sol perché la norma sembra privilegiare unicamente una mera condotta integralmente riparatoria da parte dell’imputato e reputando, invece, irrilevante ogni profilo di “spontaneo pentimento”.
Il giudice, secondo tale ottica, ha ritenuto che le esigenze strutturali e di economia processuale a cui è ispirata la disposizione (art. 341 bis co. 3 c.p.) sono da considerarsi realizzate anche quando, nel caso di specie, la proposizione del risarcimento estintivo avvenga nel corso del procedimento, purché, se non altro, “l’azione diretta ad attenuare le conseguenze dannose o pericolose sia spontanea (oltreché) efficace, cioè determinata da motivi interni all’agente e non influenzata in alcun modo da fattori esterni che operino come pressione sulla spinta psicologica” (Cass. Pen. Sez. I, n. 40993 del 07/10/2010).
La sistematica prospettiva che viene offerta dalla sentenza n. 1648/2018 del Tribunale agrigentino, inoltre, appare senza dubbio in armonia con la ratio deflattiva insita nella disposizione penale in esame, che è volta, cioè ad evitare che il processo debba comunque procedere oltre con un accertamento istruttorio che si rivelerebbe sostanzialmente inutile.
Infine, considerare possibile che la disposizione esaminata si applichi alle sole ipotesi di riparazione patrimoniale necessariamente integrale (e non simbolica), finirebbe per discriminare inevitabilmente gli imputati, consentendo di accedere alla causa di estinzione del reato “soltanto a coloro i quali abbiano la disponibilità economica per rifondere il danno, in evidente collisione, tra gli altri, con il fondamentale principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.)”.
Il giudice, che in ultima istanza è chiamato a valutare e a decidere sull’interezza del ristoro, può dunque positivamente considerare, ai fini dell’estinzione del reato, una condotta riparativa siffatta, come quella nel caso in esame, tenendo in debita considerazione la situazione di indigenza economica in cui versa l’imputato.
Dott.ssa Anna Maria Signorino Gelo