Il rifiuto si identifica attraverso dati obiettivi. La Cassazione ribadisce i termini per la corretta attribuzione della qualifica. Art. 256 co. 2° Dlgs 152/06.
Secondo la Suprema Corte (sentenza n. 24680/2023) la scelta personale del detentore del rifiuto se qualificarlo o meno rifiuto non è sufficiente se non è supportata da dati obiettivi. La Cassazione sulla base della definizione di cui all’art. 183 Dlgs 156/06, precisa che si intende rifiuto «tutto ciò di cui il detentore si sia disfatto ovvero intenda disfarsi o sia obbligato a farlo». Per la Corte “disfarsi” significa anche recuperare e\o smaltire, ritenendo, inoltre, che ben poco vale la volontà del detentore se ad essa non corrispondono elementi oggettivi che ne provino l’eventuale processo di recupero.
Nel caso esaminato dalla Corte, a seguito di accertamento tecnico, il rifiuto era stato abbandonato alla “rinfusa” ed esposto agli agenti atmosferici, cosa che ne rendeva improbabile la qualifica di sottoprodotto destinato al recupero e, pertanto, ha ritenuto sussistente il reato di gestione non autorizzata di rifiuti.
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on. avv. Giuseppe Scozzari