In materia di responsabilità degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate la giurisdizione spetta al giudice ordinario.
Con l’ordinanza n. 22406/2018 le Sezioni Unite della Cassazione Civile mettono un punto fermo sui contrasti di giurisdizione in materia di società in “house providing” (cioè sulla disciplina delle società a partecipazione pubblica) che vengono dichiarate fallite.
La decisione della Suprema Corte, dopo un travagliato excursus giurisprudenziale, ha stabilito che sull’azione di responsabilità proposta nei confronti dei componenti degli organi di amministrazione e degli organi di controllo delle società partecipate dichiarate fallite, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Le S.U. fanno una distinzione precisando, in primo luogo, che per le condotte poste in essere dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate dichiarate fallite, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Le S.U. vanno oltre e precisano che laddove dalla condotta degli amministratori di una società “in house” e\o partecipata, sono prospettabili anche danni erariali, la giurisdizione sarà devoluta non solo al giudice ordinario ma anche alla Corte dei Conti senza che ciò comporti la violazione del principio del ne bis in idem.
Tale indirizzo giurisprudenziale costituisce una inversione di rotta rispetto ad un precedente indirizzo sancito con la sentenza, sempre della Cassazione Civile, n. 26283 del 2013, con la quale la Corte Suprema aveva espresso un indirizzo giurisprudenziale più restrittivo o forse più benevolo, secondo il quale soltanto la Corte dei Conti aveva giurisdizione sulla responsabilità degli organi sociali per danni al patrimonio di una società “in house”. Questa stessa pronuncia è stata successivamente modificata con la decisione n. 24591/2016 delle Sezioni Civili della Cassazione, che hanno determinato l’affermarsi del principio secondo il quale le società a partecipazione pubblica devono essere disciplinate dalle disposizioni del codice che regola le norme sulle società, quindi dal codice civile.
Si è trattata di un’inversione giurisprudenziale della Suprema Corte che trova ratio nel presupposto che il perseguimento dell’interesse pubblico deve in primo luogo avvenire per mezzo dello strumento privatistico, determinando l’applicazione degli istituti delle società capitali, onde scongiurare la violazione delle norme sulla concorrenza, sia nell’ambito dell’insolvenza che della responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo di una società “in house providing”. La Cassazione fugando ogni dubbio dunque ripartisce le competenze fra tribunali ordinari e Corte dei Conti, concludendo che la decisione in merito alla responsabilità di sindaci e amministratori di una società in house dichiarata fallita spetta in primis al giudice ordinario.
Dott.ssa Anna Maria Signorino Gelo