LE NUOVE SANZIONI SOSTITUTIVE DI PENE DETENTIVE BREVI INTRODOTTE DALLA “RIFORMA CARTABIA”
Dal 19 ottobre 2021 è entrata in vigore la legge n. 134 del 27.09.2021 (c.d. “riforma Cartabia”) che enuncia i nuovi principi e i criteri direttivi cui dovranno attenersi i prossimi decreti legislativi che avranno le finalità, fra gli altri, di: “accelerare il processo penale tramite una sua deflazione e digitalizzazione”; “potenziare le garanzie difensive e la tutela delle vittime del reato”; “introdurre una innovativa disciplina concernete la ragionevole durata del giudizio di impugnazione”.
Focalizzando l’attenzione sul tema delle “pene sostitutive” queste, brevemente, nel nostro ordinamento si pongono quali sanzioni sostitutive alla pena detentiva “breve” e vengono applicate (raramente) direttamente dal Giudice all’esito del processo ovvero, una volta affermata la penale responsabilità dell’autore, invece di applicare la sanzione della pena detentiva “breve”, in sostituzione ed automaticamente, viene applicata una pena sostitutiva che evita l’ingresso in carcere del condannato.
E’ opportuno precisare che le pene sostitutive sono istituti diversi rispetto alle “misure alternative alla detenzione”, queste ultime sono di competenza della Magistratura di Sorveglianza ed intervengono successivamente su un giudicato già formato di una condanna a pena detentiva.
Le pene finora previste nell’ordinamento sono: la semidetenzione, la liberà controllata e la pena pecuniaria.
La riforma citata, con l’art. 1 comma 17 l. 134/2021, interviene in materia:
1) cancellando la semidetenzione e la libertà controllata (che hanno avuto una scarsa applicazione);
2) ed introducendo: la “semilibertà”, la “detenzione domiciliare”, il “lavoro di pubblica utilità” e (conservata), la “pena pecuniaria”.
La riforma interviene anche sulla disciplina delle stesse pene sostitutive, in particolare la sostituzione sarà rimessa alla discrezionalità del Giudice; discrezionalità che dovrà comunque essere disciplinata dai decreti delegati ed ancorata alla valutazione prognostica sulle potenzialità rieducative della misura e sull’efficacia dissuasiva delle stesse rispetto alla commissione di ulteriori reati (art. 1 comma 17 lett.c).
Analiticamente, sulle nuove pene sostitutive:
– la semilibertà e la detenzione domiciliare: saranno destinate a sostituire la pena irrogabile nel limite dei 4 anni – in sede di giudizio ordinario o di patteggiamento;
– sul lavoro di pubblica utilità: il legislatore delegante ha previsto un’applicazione ad ampio raggio prescrivendo che la sostituzione possa essere disposta anche d’ufficio, con sentenza di condanna a condizione che il giudice ritenga di determinare la pena detentiva entro il limite di tre anni ovvero con sentenza di patteggiamento o con decreto penale di condanna, sempre a condizione in quest’ultimo caso che il condannato non vi si opponga; inoltre per incentivare la misura si è previsto che, nel caso in cui venga applicata con decreto penale di condanna (quindi per disincentivare l’opposizione al decreto) o concordata in sede di patteggiamento (ampliando le possibilità deflattive di questo rito), il positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità possa comportare, se accompagnato dal risarcimento del danno o dall’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, ove possibili, la revoca della confisca che sia stata eventualmente disposta, salvo si tratti di confisca obbligatoria anche per equivalente;
– la pena pecuniaria: dovrà applicarsi in sostituzione della pena detentiva fino a 1 anno con l’intento del legislatore delegante di evitare che la sostituzione della pena risulti eccessivamente onerosa in rapporto alle condizioni economiche del condannato e del suo nucleo familiare, consentendo al giudice di adeguare la sanzione sostitutiva alle condizioni economiche e di vita del condannato.
Oltre all’introduzione delle nuove pene sostitutive, la riforma interviene anche sulle condizioni e sull’applicazione pratica delle suddette pene, in particolare:
1) raddoppia la durata massima della pena sostituibile che sale da due a quattro anni per la pena detentiva e da sei mesi a un anno per quella pecuniaria; dunque: le pene detentive fino a quattro anni si possono sostituire con la semilibertà o con la detenzione domiciliare; le pene detentive fino a tre anni si possono sostituire anche con il lavoro di pubblica utilità; le pene detentive fino ad un anno si possono sostituire anche con la pena pecuniaria;
2) viene ampliato l’ambito del “lavoro di pubblica utilità” che finora era rimasto ristretto ad alcune violazioni “minori”, quale ad es. le violazioni del Codice della Strada; adesso, invece, verrà esteso alla generalità dei reati e ai casi in cui si procede con decreto penale di condanna (con la proporzione: un giorno di pena “vale” due ore di lavoro di pubblica utilità, che si può prestare per un minimo di sei e un massimo di otto ore al giorno);
3) vengono estese anche le condizioni soggettive (requisiti) per l’applicazione della sostituzione ovvero: l’eliminazione delle preclusioni legate a condanne a pena detentiva per fatti precedentemente commessi; la sterilizzazione degli automatismi della legge n. 689/1981 (automatismo relativo all’applicazione delle sanzioni amministrative); tuttavia restano ferme le preclusioni legate a condanne per i reati più gravi (come terrorismo, mafia, corruzione e gli altri previsti dall’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario); inoltre quanto alle sanzioni per la mancata esecuzione della pena sostitutiva o per l’inosservanza delle si prevede un regime più flessibile di quello attuale disponendo che la revoca possa aver luogo solo in caso di mancata esecuzione o di inosservanza grave o reiterata delle prescrizioni e la conversione del residuo può avvenire, oltre che in pena detentiva, anche in altra pena sostitutiva “più grave” (ad es. dalla detenzione domiciliare si potrà dunque passare alla semilibertà), e resta sempre salva la possibilità di applicazione di una misura di sicurezza.
Alla luce delle innovazioni introdotte, emergono lo scopo e le finalità della riforma rappresentate: da un lato maggiore flessibilità operativa e dall’altro minore tasso di afflittività anche rispetto alle omologhe misure alternative; da un lato minore sacrificio per la libertà personale e dall’altro maggiore idoneità rieducativa della pena.
Avv. Biagio Cimò