NEWSLETTER N. 1 – MAGGIO 2017 APPALTI PUBBLICI
Il bando di gara che prevede il criterio di aggiudicazione con il massimo ribasso è impugnabile senza attendere l’aggiudicazione.
La III Sezione del Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 2014/2017, ha precisato che nel caso di contratti c.d. labour intensive, il criterio di aggiudicazione da seguire è sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, senza possibilità alcuna di derogarvi, ancorché ricorra una delle ipotesi di cui all’art. 95, co. 4 (“servizi con caratteristiche standardizzate”), d. lgs. n,. 50/16.
Come è noto, il criterio “ordinario” è, oggi, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quello del minor prezzo, invece, ha un ruolo ormai recessivo, dal momento che può essere utilizzato nei soli casi tassativamente previsti dalla legge e in presenza di specifica ed adeguata motivazione: “Se nell’art. 83 del vecchio Dlgs. n. 163/06 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro, l’art. 95 dopo avere affermato che “I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta” e che “Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, ha imposto l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione”.
Quando sia stato scelto il criterio del prezzo più basso (ora indicato come “minor prezzo”) ancorché sia obbligatorio l’utilizzo di quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il Consiglio il bando va immediatamente impugnato, senza attendere l’esito della gara. Secondo il OCnsiglio di Stato, infatti, “Ciò non può che condurre, sul versante delle condizioni e dei tempi di esperibilità dell’azione di annullamento, alla conclusione dell’onere dell’immediata impugnazione dell’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso. Tutti i presupposti sono sussistenti: a) la posizione giuridica legittimante avente a base, quale interesse sostanziale, la competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo; b) la lesione attuale e concreta, generata dalla previsione del massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge; c) l’interesse a ricorrere in relazione all’utilità concretamente ritraibile da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale criterio “ordinario” e generale”.
La soluzione contraria, conclude la sentenza, comprometterebbe due principi fondamentali del nuovo impianto normativo:
1) la “gerarchia” affermata fra i due criteri di aggiudicazione, ed il conseguente primato del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non “conterebbe più nulla” se non venisse offerta al ricorrente la possibilità di impugnare da subito il bando;
2) allo stesso modo, verrebbe tradita la logica “a due fasi” che caratterizza il nuovo impianto normativo: il legislatore ha infatti deciso di affrancare il contenzioso sull’aggiudicazione da tutte le questioni attinenti all’ammissione ed esclusione, che temporalmente e logicamente precedono, appunto, la fase dell’aggiudicazione. Sicché, non avrebbe senso dover attendere l’aggiudicazione per far valere un vizio afferente alla fase di ammissione/esclusione.
Alla luce di tale importante pronuncia, quindi, gli appalti c.d. labour intensive, come quelli di raccolta e trasporto rifiuti, devono sempre essere aggiudicati col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a prescindere dalla modalità di scelta del contraente (procedura, aperta, ristretta, negoziata).
Gli oneri di sicurezza nel nuovo codice degli appalti pubblici.
Con l’introduzione del d.lgs. n. 50/2016 si è finalmente cercato di porre rimedio ad un’annosa questione che per lungo tempo ha diviso la giurisprudenza. Si fa riferimento agli oneri di sicurezza aziendale e alla conseguente esclusione del partecipante ad una gara pubblica che abbia omesso di indicarli.
In merito, il nuovo Codice Appalti, all’art. 83, co. 9, statuisce che “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, da presentare contestualmente al documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione. La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione. Nei casi di irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante ne richiede comunque la regolarizzazione con la procedura di cui al periodo precedente, ma non applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.
Ad una prima lettura, la norma citata sembrerebbe escludere la possibilità di sanare, attraverso il soccorso istruttorio, i vizi afferenti l’offerta tecnica o economica. In realtà, la più recente giurisprudenza amministrativa, anche in ragione dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia Europea, ritiene sanabile l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza tutte le volte che la legge di gara non lo abbia previsto espressamente: “il disposto di cui all’art. 83, comma 9, del d.lg. n. 50/2016, che esclude l’applicabilità della procedura di soccorso istruttorio per la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale “afferenti all’offerta tecnica ed economica“, deve essere contemperato con la necessità, in applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, di una intermediazione/contraddittorio con l’appaltatore, che potrebbe aver presentato comunque un’offerta comprensiva degli oneri senza averla però dettagliata. Tale necessità che l’esclusione del concorrente non possa essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato dalla stazione appaltante, nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio, a regolarizzare l’offerta, proprio in quanto espressione dei principi generali richiamati dalla Corte di Giustizia, deve trovare applicazione anche nei casi di gare cd “sottosoglia” nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale” (TAR Sicilia, Catania, sez. III, sent. n. 3712/2016).
Con il recente “correttivo” al codice appalti (d. lgs. n. 56/17, entrato in vigore il 20/05/17), è stato espressamente previsto che “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a)”. In base alla novella, quindi, nel mentre sono individuate alcune tipologie di appalti (come quelli inferiori ad euro 40.000 per i quali si sia proceduto mediante affidamento diretto) per i quali non è richiesta l’indicazione degli oneri, per gli altri la previsione esplicita da parte della Legge circa l’onere dichiarativo in parola, in combinato disposto con l’art. 83, co. 9, del Codice (che non consente si ricorrere al soccorso istruttorio per le omissioni relative all’offerta economica), può autorizzare a ritenere che in questi casi debba senz’altro disporsi l’esclusione dell’offerta che esibisca tale lacuna, anche se la legge di gara taccia al riguardo, in virtù del meccanismo della c.d. eterointegrazione, e cioè del fatto che il nuovo Codice, diversamente da quello precedente, pone (dopo la modifica del 2017 di cui si è dato atto) in modo esplicito un onere dichiarativo (“deve…”) a carico dell’offerente, non rimediabili attraverso il soccorso istruttorio, stante il divieto all’uopo previsto dall’art. 83, co. 9 (anch’esso modificato dal correttivo).
Gare d’appalto, la mancata adesione al patto di legalità è sanabile nel corso del procedimento.
Il soggetto che omette di allegare all’offerta l’adesione ai patti di legalità contro il rischio di infiltrazione criminale nelle gare d’appalto, di cui all’art. 1, comma 17, l. n. 190/2012, può integrare la dichiarazione ed evitare l’esclusione pagando la sanzione pecuniaria prevista dal bando per il soccorso istruttorio (sanzione oggi eliminata dal correttivo al Codice).
Ciò è quanto ha stabilito l’Anac con delibera n. 1374 del 21 dicembre 2016, depositata presso la Segreteria del Consiglio in data 4 gennaio 2017, su richiesta di parere formulata dal Ministero dell’Interno, nel solco di quanto già deciso dalla medesima Autorità (determinazione n. 1/2015 e delibera n. 227/2016) nella vigenza del precedente codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 163/2006).
Laddove le dovute dichiarazioni di adesione ai protocolli di intesa sulla legalità non vengano allegate ai documenti di gara, secondo l’Autorità non deve applicarsi la sanzione dell’esclusione automatica, bensì occorre attivare la procedura di soccorso istruttorio, con la quale la stazione appaltante richiede al soggetto di sanare la propria posizione entro dieci giorni. In questo caso, al soggetto verrà applicata la sanzione di cui all’art. 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016, ossia una somma compresa fra l’uno ed il cinque per mille del valore dell’appalto, che nel massimo non può comunque superare i cinquemila euro.
Ciò, chiarisce l’Autorità, nel solo caso in cui il soggetto non voglia incorrere nell’esclusione dalla gara. Se invece egli non dovesse rispondere alla richiesta di regolarizzazione, optando quindi per l’esclusione, la sanzione non deve essere pagata.
Nel nuovo Codice Appalti non è più prevista la deroga per i contratti di avvalimento infragruppo.
Con la recente sentenza, n. 1632/2017, la terza sezione del TAR Lazio, Roma ha statuito, in vigenza del d.lgs. n. 50/16, la necessità per le imprese partecipanti ad un bando di gara, che decidano di fruire di un contratto di avvalimento con un’azienda appartenente al medesimo gruppo, di presentare alla stazione appaltante un contratto che risponda a tutti i requisiti richiesti dall’art. 89, co. 1, d.lgs. n. 50/16.
In realtà, la questione prende le mosse dall’abrogato art. 49, co. 2 lett. g), del previgente Codice degli Appalti, a mente del quale “nel caso di avvalimento nei confronti di un’impresa che appartiene al medesimo gruppo in luogo del contratto di cui alla lettera f) l’impresa concorrente può presentare una dichiarazione sostitutiva attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo, dal quale discendono i medesimi obblighi previsti dal comma 5”. La ratio della norma appena citata risiedeva nella volontà del Legislatore di attenuare l’onere probatorio nelle situazioni in cui si poteva presumere una convergenza di interessi tra più soggetti, ai fini della messa a disposizione di un requisito dell’uno di cui l’altro fosse carente.
In merito, il Collegio afferma che “nessuna norma di analogo tenore trova oggi collocazione nel nuovo Codice degli Appalti Pubblici, il che deve indurre a ritenere che non abbia più spazio la deroga già prevista all’obbligo di produrre il contratto di avvalimento per il caso di sua conclusione tra soggetti societari appartenenti ad un medesimo gruppo (fattispecie nella quale il previgente art. 49 cit., considerava invece sufficiente “una dichiarazione sostitutiva attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo”);
c) in particolare, non si rinviene alcuna deroga per l’ipotesi di avvalimento infragruppo nell’art. 89 d.lgs. n. 50/2016 che oggi detta la disciplina fondamentale dell’avvalimento, prevedendo il generale obbligo di allegare il relativo contratto; né la deroga previgente può dirsi espressione di un particolare principio eurounitario di primaria rilevanza o cogente, trattandosi di disposizione (lett. g) del “vecchio” art. 49)”.
Il caso deciso dalla sez. III del TAR Roma, con la sentenza qui in commento, aveva ad oggetto un appalto di fornitura in uno dei settori speciali (aeroportuale), ma tale circostanza non ha impedito di estendere anche a quei settori il principio di diritto ivi affermato: “non può desumersi alcuna deroga neanche dal riferimento ai “settori speciali” di cui al comma 2 dell’art. 89 dove si legge “2. Nei settori speciali, se le norme e i criteri oggettivi per l’esclusione e la selezione degli operatori economici che richiedono di essere qualificati in un sistema di qualificazione comportano requisiti relativi alle capacità economiche e finanziarie dell’operatore economico o alle sue capacità tecniche e professionali, questi può avvalersi, se necessario, della capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei legami con essi. Resta fermo quanto previsto dal comma 1, periodi secondo e terzo, da intendersi quest’ultimo riferito all’ambito temporale di validità del sistema di qualificazione”; la frase contenuta in quest’ultimo periodo (“Resta fermo…”) non assume una chiara portata derogatoria o eccezionale rispetto a quanto in generale statuito dal comma 1, in quanto con siffatta espressione si conferma, con valore di precisazione, la sicura applicazione, anche nei settori “de quibus”, delle norme di cui ai periodi secondo e terzo ma da essa non è desumibile, in termini univoci, una deroga alle norme contenute nei restanti periodi del comma 1, non espressamente richiamati dal comma 2 (in particolare l’ultimo, relativo all’obbligo di stipulare e produrre in gara un contratto scritto di avvalimento)”.
In definitiva, tutti i contratti di avvalimento, compresi quelli infragruppo, dovranno rispettare i canoni normativi previsti dall’art. 89, co. 1, del nuovo Codice Appalti.