Reati Tributari: Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 10 ter d.lgs.74/2000, eseguito su somme depositate sui conti correnti intestati alla società beneficiaria del reato, non si può trasferire su un immobile appartenente alla stessa società anche se c’è il consenso di quest’ultima.
La Corte di Cassazione, III sez. penale, con la sentenza n. 15308/2020, ha stabilito che in caso di omesso versamento IVA non si può confiscare un bene immobile in sostituzione del sequestro delle somme depositate sul conto corrente di una società, poiché si verificherebbe un’illegittima trasformazione da sequestro diretto del profitto del reato a sequestro per equivalente. L’art. 12 bis, comma 1, d.lgs. 74/2000, infatti, prevede che la confisca per equivalente può essere disposta solo in caso di impossibilità di acquisizione diretta del profitto del reato tributario e solo nei confronti dell’autore dello stesso, non della società, in ossequio all’art. 19 d. lgs. 231/2001.
Il caso: ad una Srl veniva contestato il reato di omesso versamento IVA e veniva disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla futura confisca, di somme depositate sui conti correnti societari. Il Tribunale, accoglieva parzialmente la richiesta di riesame della difesa disponendo che il sequestro preventivo delle somme di denaro depositate sul conto della società, fossero sostituite su richiesta della stessa società con analoga misura cautelare su un immobile di proprietà. Il Procuratore della Repubblica impugnava l’ordinanza per la violazione degli artt. 322-ter, primo comma, c.p. e l’art. 19 d. lgs. 231/2001, e proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, uniformandosi all’orientamento ormai consolidato in materia –da ultimo sent. Cass. nn. 37660/2019 e 12245/2014- ha ribadito che “le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto del reato oppure un valore ad esso equivalente, non possono essere sostituite con beni mobili od immobili di identico valore, perché tale operazione comporta la permuta di un bene di immediata escussione con un diritto di proprietà non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto del reato”.
La S.C. ha rammentato che:
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le disposizioni sulla confisca rivestono carattere di stretta interpretazione e avendo natura pubblicistica, il loro contenuto e i loro effetti non possono formare oggetto di pattuizioni;
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la sostituzione della misura cautelare de qua non è ammissibile neppure qualora vi sia il consenso del soggetto interessato, poiché sottoporre a vincolo un bene immobile di proprietà dell’autore del reato non costituisce profitto, nemmeno indiretto, dell’illecito;
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l’eventuale sentenza di condanna non potrebbe mai disporre la confisca del bene immobile, con la conseguenza che il provvedimento cautelare si rileverebbe del tutto privo di effetti.
Gli ermellini, infine, osservano che la società non avrebbe avuto alcuna difficoltà a richiedere un prestito dello stesso importo del denaro sequestrato, dando in garanzia l’immobile, ottenendo così il medesimo risultato senza la necessità di proporre interpretazioni delle norme in materia di confisca in contrasto con la legge.
Dott.ssa Daniela Cappello