GARANTE DELLA PRIVACY. DIRITTO DI ACCESSO AI DATI DEL LAVORATORE. IMPORTANTI INDICAZIONI ALLE AZIENDE
In tema di diritto di accesso ai dati personali del lavoratore, il Garante della Privacy, con due recenti provvedimenti, ha fornito importanti indicazioni ai fini di una sua concreta effettività.
Il lavoratore, infatti, ha diritto di accedere ai dati personali trattati dal datore di lavoro attraverso un riscontro completo ed effettivo.
Nei provvedimenti in commento, il Garante ha sottolineato come tale diritto venga violato sia quando tali dati non sono forniti, potendo tale diniego limitare, ad esempio, l’esercizio del diritto di difesa del lavoratore nell’ambito di un procedimento disciplinare o di un licenziamento, sia quando tali dati vengono forniti in maniera del tutto generica.
A fronte di una richiesta di accesso del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a fornire le informazioni, con iscritto o con altri mezzi, entro il termine di un mese, prorogabile di altri due in caso di particolare complessità o tenuto conto del numero delle richieste.
Il rifiuto del datore di lavoro è consentito solo nei casi tassativamente previsti dalla legge, tra cui, ad esempio, quando dalla comunicazione dei dati possa discendere un pregiudizio effettivo e concreto allo svolgimento di investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria.
Al di fuori dei casi tassativamente previsti, il rifiuto del datore di lavoro di fornire i dati personali richiesti può determinare l’applicazione di sanzioni amministrative e accessorie.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
Continua“WHISTLEBLOWING” DA CONFINDUSTRIA LA GUIDA OPERATIVA PER GLI ENTI PRIVATI IN MATERIA DI SEGNALAZIONE DI CONDOTTE ILLECITE
Il D.Lgs. 24/2023, cd Decreto Whistleblowing, ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva UE 2019/1937 riguardante la “protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione”.
La nuova disciplina mira a stabilire norme comuni per favorire l’emersione di condotte illecite, garantendo, al contempo, adeguata tutela al cd “segnalante”, ovvero colui che decide di fare delle segnalazioni di violazioni di cui sia venuto a conoscenza nell’ambito del contesto lavorativo.
Nel mese di ottobre Confindustria ha fornito dei chiarimenti circa la concreta gestione di tali segnalazioni, predisponendo a tal fine una guida operativa con l’indicazione puntuale delle procedure da seguire per adeguarsi alla nuova normativa.
La guida operativa disciplina, infatti, ogni aspetto della disciplina delle segnalazioni, dall’ambito di applicazione, ai canali di segnalazioni e i soggetti legittimati, alla tutela del segnalante e il sistema sanzionatorio.
Confindustria chiarisce che l’impresa può decidere di demandare la gestione del canale di segnalazione ad una persona fisica già presente nella sua organizzazione, come il responsabile anticorruzione o il responsabile delle funzioni di Internal Audit o compliance, a un ufficio interno all’impresa o a un soggetto esterno, purché tali soggetti presentino requisiti di autonomia, imparzialità e indipendenza.
Inoltre, nelle imprese dotate di Modello Organizzativo 231 e con Organismo di Vigilanza, si può valutare di affidare a quest’ultimo il ruolo di gestore delle segnalazioni, dal momento che l’OdV possiede già quei requisiti di autonomia e indipendenza richiesti dalla disciplina in esame ed inoltre lo stesso è chiamato a vigilare sul Modello Organizzativo di cui la disciplina whistleblowing è parte integrante.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaD.LGS.231/01. DEI REATI COLPOSI POSTI IN ESSERE DALL’AMMINISTRATORE DI FATTO RISPONDE ANCHE L’AMMINISTRATORE DI DIRITTOD.LGS.231/01. DEI REATI COLPOSI POSTI IN ESSERE DALL’AMMINISTRATORE DI FATTO RISPONDE ANCHE L’AMMINISTRATORE DI DIRITTO
La Corte di Cassazione con sent. n. 42236/2023 ha definito la portata di un importante principio in tema di responsabilità da reato dell’ente.
A venire in rilievo, nella pronuncia della Suprema Corte, è la commissione di reati da parte di quei soggetti in posizione apicale (persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione) cui ha riguardo l’art. 5 del D.Lgs. 231/01 e che è idonea a fondare la responsabilità dell’ente se tali soggetti non esercitino efficacemente un’attività di controllo sulle persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza.
La questione sottoposta al vaglio della Corte riguarda l’affermazione di responsabilità del “mero” amministratore di diritto di una società per un reato posto in essere dall’amministratore di fatto.
Lungi dal configurarsi una forma di responsabilità oggettiva nei riguardi dell’amministratore di diritto, la Corte ha precisato che, con riguardo a tutte le fattispecie punibili a titolo di colpa, “risponde del reato contravvenzionale posto in essere dall’amministratore di fatto di una società anche l’amministratore di diritto della stessa qualora abbia omesso, sia pure per colpa, di esercitare il necessario controllo sull’attività del primo”.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaCONDOMINIO: IL COMUNE NON PUO’ MULTARE IL CONDOMINIO PER INFRAZIONI ALLA RACCOLTA DIFFERENZIATA (Cass. Sez. Civile, sent. n. 29427/2023)
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha annullato la delibera emessa dal Comune di Roma con la quale venivano irrogate sanzioni (da 50 a 300 euro) ai condomini e agli amministratori condominiali (in solido) per violazione del regolamento comunale sull’irregolare conferimento dei rifiuti nei cassonetti posti all’interno di una proprietà privata (condominio).
Nel caso, il Comune di Roma aveva multato l’amministratore di un condominio, con quattro multe per complessivi 1.000,00 euro ed in ragione della delibera e del regolamento comunale richiamati, poiché era stato rilevato l’erroneo inserimento dei rifiuti nei cassonetti condominiali della raccolta differenziata.
Il Collegio di legittimità, annullando la sanzione irrogata, ha precisato che l’amministratore e i privati non potevano essere sanzionati in virtù di un regolamento comunale o di una delibera perché queste sono fonti normative secondarie e non supportate da una fonte normativa primaria che attribuisca il potere di emettere sanzioni, nel caso né dal testo unico degli Enti locali, né della legge sulla gestione dei rifiuti (D. Lgs 22/1997 che ha recepito la direttiva comunitaria in materia); pertanto nessuna delle due norme richiamate, né direttamente né indirettamente, autorizzano e prevedono “in capo a soggetti privati, quali gli utenti e gli amministratori di condominio, l’obbligo di custodia e corretto utilizzo dei contenitori in luoghi di proprietà privata”.
Alla luce di quanto deciso dalla Suprema Corte, si ricorda che vige il principio di legalità anche per le sanzioni amministrative che non possono essere comminate direttamente dal regolamento dell’Ente (fonte normativa subordinata), questo va quindi disapplicato se la legge che attribuisce al Comune il potere regolamentare sull’igiene urbana non prevede in modo diretto o indiretto la possibilità di sanzionare l’uso improprio dei cassonetti.
Avv. Biagio Cimò
ContinuaInterdittiva Antimafia: si agli aiuti alle aziende in crisi in caso di informativa antimafia.
Con una importante sentenza (n. 43266/23) la Cassazione ha statuito che un’azienda in crisi che ha ricevuto una informativa antimafia, non perde il diritto agli aiuti statali. Secondo la S.C., infatti, l’informativa antimafia non essendo un provvedimento definitivo, visto che può essere revocato, non determina la preclusione all’accesso agli aiuti statali. Secondo la Corte sia l’informativa che la comunicazione antimafia non rientrano tra le misure di prevenzione indicate dal codice penale e quindi determinerebbe una incapacità parziale a contrarre nei confronti della Pubblica Amministrazione.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaD.LGS.231/01. LA CANCELLAZIONE DELL’ENTE DAL REGISTRO COMPORTA L’ESTINZIONE DEL GIUDIZIO
Con la sent. n.1419/2023 la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in tema di responsabilità da reato dell’ente ex D.Lgs.231/01, ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di una società cancellata dal Registro in seguito a liquidazione.
La riforma del diritto societario ha comportato, infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2004, l’estinzione della persona giuridica come conseguenza della cancellazione della società del registro delle imprese.
Secondo i giudici della Corte d’appello, quindi, “l’estinzione definitiva dell’ente determina, per la persona giuridica, lo stesso effetto che la morte fisiologica determina per un soggetto fisico, segnatamente la cessazione definitiva ed irreversibile di tutte le funzioni vitali ad esso connesse, ciò che rende comprensibili i motivi per cui la legge prevede l’estinzione del reato: la pena non sarebbe eseguibile e non avrebbe, comunque, alcun senso sanzionare un soggetto che non esiste più, in quanto il processo verrebbe celebrato inutilmente, con un antieconomico dispendio di tempo e di energie”.
A tale conclusione la Corte è giunta colmando il vuoto normativo del D.lgs.231/01, che non prevede una specifica disciplina sul punto, con il principio sancito dall’art.27 della Costituzione.
La disposizione costituzionale, prevedendo che “la responsabilità penale è personale”, comporta il rifiuto di ogni forma di responsabilità oggettiva. La stessa, inoltre, sancisce il principio della funzione rieducativa della pena.
Sulla base di tali principi, la Corte ha ritenuto che la sanzione inflitta ad un ente cancellato dal Registro, quindi civilmente inesistente, non risponderebbe ad alcuna delle funzioni ad essa attribuite dalla nostra Costituzione.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaCONDOMINIO: ESONERO DALLE SPESE INERENTI LA MANUTENZIONE E LA CONSERVAZIONE DELL’ANTENNA CENTRALIZZATA IN ASSENZA DI RICEZIONE DEL SEGNALE TV. (artt. 1120 e 1122 bis c.c.)
La normativa recente si pone l’obbiettivo di favorire le innovazioni e la centralizzazione degli impianti nei condomini, si fa riferimento agli interventi in materia di: sicurezza e salubrità degli edifici; eliminazione delle “barriere architettoniche”; installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; la ricezione radiotelevisiva e l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo.
Nonostante questo obbiettivo di centralizzazione dei servizi, rimane sempre in vigore e tutelato dall’ordinamento il diritto di installazione di impianti individuali da parte del singolo condomino, libero dalle scelte condominiali e, quindi, dalle decisioni e dagli ostruzionismi dell’assemblea, unici limiti imposti sono costituiti dalla conservazione delle parti comuni e delle reti pubbliche nonché la preservazione del decoro architettonico dell’edificio.
L’art. 1120 c.c., novellato nel 2012, disciplina le innovazioni dirette al miglioramento del condominio, attraverso l’installazione di impianti centralizzati; mentre l’art. 1122 bis c.c., garantisce il suddetto diritto di intervento individuale.
In tema di telecomunicazioni l’art. 1122 bis c.c. preserva e garantisce l’installazione di impianti non centralizzati e individuali, confermando l’esistenza di un c.d. “diritto all’antenna” che trova tutela costituzionale nell’art. 21 Cost. (libera manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione).
Negli ultimi anni si è diffusa la centralizzazione degli impianti condominiali e, in particolare, l’antenna destinata a servire la singola unità immobiliare residua negli edifici perché ormai quasi tutti i condomini sono dotati di un impianto centralizzato di ricezione radiotelevisiva avvolte anche a discapito del decoro architettonico.
Tralasciando la questione relativa al canone tv obbligatorio individuale, la manutenzione e la conservazione dell’antenna centralizzata rientrano fra le spese condominiali relative ai beni comuni e vengono ripartite in ragione dei millesimi posseduti da ciascun condomino, prescindendo dal numero di apparecchi televisivi posseduti.
Il problema sorge quando un condomino, a differenza degli altri, non riceve perfettamente il segnale dall’antenna centralizzata: in questi casi, fermo l’obbligo dell’amministratore di intervenire per fare eseguire le opportune riparazioni con addebito delle spese a tutti i condomini, non si può imporre all’assemblea di deliberare la sostituzione dell’impianto centralizzato in quanto, proprio in forza dell’alternativa concessa dalla legge dell’installazione di un impianto individuale, non è affatto pregiudicato il suo diritto all’informazione; di contro, è pacifico invece l’esonero del condomino che non riceve il segnale dal partecipare alle spese inerenti la manutenzione e la conservazione dell’antenna condominiale centralizzata.
Avv. Biagio Cimò
ContinuaD.LGS. 231/01. DECRETO “OMNIBUS”. RAFFORZATA LA DISCIPLINA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ DELL’ENTE
Sì della Camera e del Senato al decreto legge omnibus.
Il d.l. 105/2023 approvato dalle camere in via definitiva il 4 ottobre 2023, introduce importanti novità in materia di giustizia.
Le disposizioni di maggiore interesse penalistico riguardano la disciplina delle intercettazioni, la tutela dell’ambiente e la responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato.
L’art. 6 ter al secondo comma amplia il novero dei reati presupposto la cui commissione può determinare la responsabilità dell’impresa arricchendo il catalogo già previsto dall’art. 24 del D.Lgs. 231/01.
Ai reati presupposto già previsti (la malversazione di erogazioni pubbliche, indebita percezione di erogazioni pubbliche, frode nelle pubbliche forniture, truffa ai danni dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica ai danni dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea), il decreto omnibus aggiunge i seguenti reati:
– turbata libertà degli incanti;
– turbata libertà nella selezione del contraente;
– trasferimento fraudolento di valori.
Da oggi, quindi, anche la commissione di uno dei delitti previsti dal nuovo decreto farà scattare la responsabilità amministrativa da reato dell’ente ex D.Lgs. 231/01.
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dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaCANONE IDRICO DIMEZZATO SE L’ACQUA FORNITA NON E’ POTABILE (Tribunale di Nuoro sentenza n. 412/2023)
Con la sentenza n.412/2023 il Tribunale di Nuoro è intervenuto sulla questione relativa alla fornitura e alla qualità dell’acqua destinata al consumo umano; detta sentenza, si pone fra la vecchia (d.lgs. n. 31/2001 abrogato) e la nuova disciplina (d.lgs. n. 18/2023, in attuazione della direttiva europea 2020/2184) entrata in vigore nel marzo del 2023.
Brevemente, il nuovo d.lgs. n. 18/2023, oltre a prevedere responsabilità e sanzioni in capo al proprietario dell’immobile o all’amministratore di condominio (in relazione alla fase della “distribuzione interna”) e in capo alla responsabile della fornitura e distribuzione idrica (in relazione alla fase della “distribuzione esterna”), ha l’obbiettivo di garantire che l’acqua sia salubre e pulita, non deve contenere microrganismi, virus o parassiti, né altre sostanze in quantità tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.
La vicenda sottoposta al vaglio del Tribunale di Nuoro, iniziata sotto la vigenza della precedente normativa, vedeva coinvolto un condominio (residence) di 90 appartamenti e la società di fornitura dell’utenza idrica. I condomini, vista l’esosità e la non potabilità dell’acqua fornita, non avevano pagato il canone idrico e, pertanto, la società fornitrice aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio.
L’amministratore del condominio, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, aveva eccepito le doglianze suddette innanzi al Tribunale e chiedeva una riduzione del prezzo e un rimborso per l’eventuale eccedenza pagata. La società idrica, da parte sua, respingeva ogni responsabilità sulla potabilità dell’acqua, e attribuiva il problema alla cattiva manutenzione delle reti comunali.
Dopo una consulenza tecnica, il Tribunale accertava che il contatore del condominio funzionava correttamente e che non vi erano perdite nelle condutture; inoltre si riconosceva che l’acqua fornita non era potabile come dimostrato anche dalle ordinanze comunali.
Alla luce di quanto emerso, il Tribunale concludeva statuendo che: l’acqua destinata al consumo umano deve essere potabile, idonea per la preparazione di cibi e bevande, e non deve rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana pertanto, se il fornitore non rispetta queste condizioni e non dimostra di aver fatto tutto il possibile per risolvere il problema o di aver impiegato la necessaria diligenza per rimuovere gli ostacoli frapposti all’esatto adempimento, è ritenuto responsabile; nel caso in esame ciò non era avvenuto, quindi il decreto ingiuntivo veniva revocato e al condominio veniva riconosciuto il diritto di pagare una somma ridotta (del 50% circa) del canone idrico.
Avv. Biagio Cimò
ContinuaRESPONSABILITÀ DELL’ENTE: NECESSARIA CONCRETA ATTUAZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO PER IL RICONOSCIMENTO DELLA RIDUZIONE DELLA SANZIONE PECUNIARIA
Con la sent. n.38025/2022 la IV sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al riconoscimento dell’attenuante prevista per le sanzioni pecuniarie applicate all’ente ex D.Lgs. 231/01, in caso di adozione del modello organizzativo.
La norma di riferimento è contenuta all’art. 12, comma 2, lett. b, del citato decreto ai sensi del quale:
“La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:
a) l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.”
Ha ribadito la Suprema Corte, coerentemente alla lettera della norma, che, ai fini del riconoscimento dell’attenuante, è necessario che il modello organizzativo venga “reso operativo”.
In altri termini, non basta la mera nomina dell’organismo di vigilanza e la semplice adozione del modello.
È necessario altresì che il modello preveda in concreto le prassi e le procedure idonee a prevenire quei reati che potrebbero più facilmente verificarsi in relazione alla specifica attività svolta dall’ente.
Solo se il modello organizzativo viene concretamente attuato, l’ente potrà beneficiare della riduzione della sanzione pecuniaria prevista dal decreto.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
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