D.LGS.231/01 ANCORA CONTRASTI SULLA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE NEI PROCESSI PER ILLECITO 231
Il testo di riforma messo a punto dal Ministero della Giustizia riguardante la responsabilità degli enti sembra tacere sull’importante questione riguardante le diverse posizioni che l’ente può assumere nell’ambito dei “processi 231”.
In particolare, ci si riferisce alla possibilità di costituirsi parte civile contro l’ente, quella di citare l’ente in qualità di responsabile civile, nonché alla possibilità per lo stesso ente di costituirsi parte civile nei confronti degli imputati persone fisiche del reato presupposto.
Invero, tale “silenzio” non fa altro che alimentare i contrasti giurisprudenziali già esistenti sul punto.
Infatti, se da un lato una parte della giurisprudenza ritiene ammissibile la costituzione di parte civile dell’ente nel procedimento a carico dell’imputato persona fisica, dall’altro, numerose pronunce della Suprema Corte hanno stabilito il contrario evidenziando, in particolare, il carattere unitario del reato come fatto riferibile sia alla persona fisica che alla persona giuridica.
Circa la costituzione di parte civile del danneggiato nei confronti dell’ente, la Cassazione sembrerebbe non ammetterla, in considerazione del fatto che la responsabilità dell’ente non deriverebbe dal reato ma dalla cd “colpa di organizzazione”. Di conseguenza, secondo tale orientamento, non vi sarebbe alcun danno derivante da reato risarcibile da parte dell’ente.
Secondo un ulteriore tesi, inoltre, nell’ambito dei processi 231 il danneggiato sarebbe garantito da altri strumenti, potendo adire il giudice civile oppure citare l’ente quale responsabile civile.
Tale situazione incerta sull’ammissibilità o meno dell’istituto della costituzione di parte civile dell’ente e nei confronti dell’ente solleva una serie di perplessità e lacune che richiederebbero un urgente intervento da parte del legislatore, visto il silenzio sul punto del D. Lgs.231/01.
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dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaD.LGS.231/01 I CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ DI SOCIETÀ COLLEGATE
Con la sentenza n.14343 depositata l’11 aprile scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di responsabilità amministrativa dipendente da reato ex D. Lgs.231/01 in caso di illecito commesso nell’ambito di un raggruppamento temporaneo di imprese.
In particolare, la Suprema Corte, con riferimenti ai criteri di imputazione della responsabilità nei gruppi societari, ha stabilito che quest’ultima può estendersi alle società collegate solo “a condizione che all’interesse o vantaggio di una società si accompagni anche quello concorrente di altra società e la persona fisica autrice del reato presupposto sia in possesso della qualifica soggettiva necessaria ai sensi dell’art.5 del D. Lgs.231/01”.
Pertanto, per attribuire la responsabilità alla capogruppo o ad una controllata, non è sufficiente la mera presunzione che l’interesse del gruppo coincida con quello delle singole società, essendo invece indispensabile dimostrare, caso per caso, che la holding o un’altra società del gruppo abbia tratto un effettivo beneficio o perseguito un proprio interesse dalla commissione del reato.
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dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaD.LGS.231/01 IN ARRIVO RIFORMA SULLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI
Il Ministero della Giustizia ha messo a punto un testo di riforma della normativa riguardante la responsabilità degli enti che, se approvato, potrebbe determinare profondi cambiamenti della disciplina.
La novità principale riguarda i casi di estinzione dell’illecito amministrativo attraverso l’introduzione di un meccanismo che consente all’ente di chiedere al giudice un termine per eliminare le carenze del modello organizzativo che hanno determinato o agevolato la commissione del reato, a condizione che l’ente abbia adottato e attuato un modello organizzativo prima della commissione dell’illecito e che non si tratti di un caso di reiterazione.
Tale richiesta potrà essere avanzata entro il termine di 30 giorni dall’avviso di conclusione delle indagini e dovrà contenere la descrizione dettagliata delle rettifiche approntate al modello e la disponibilità dell’ente ad eliminare le conseguenze del reato.
Altre rilevanti novità della riforma riguardano il sistema dei controlli, attraverso la valorizzazione del sistema di controllo interno ed il principio del ne bis in idem, volto ad evitare la duplicazione delle sanzioni quando la soggettività dell’ente non è distinguibile dalla persona fisica autore del reato.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaD.LGS.231/01 CITAZIONE DIRETTA PER GLI ENTI QUANDO PREVISTA PER IL REATO PRESUPPOSTO
Con la sentenza n.8369/2025, la V Sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che trova applicazione anche nei procedimenti nei confronti degli enti per responsabilità ex D.lgs. 231/01 la citazione diretta a giudizio, quando questa è prevista per il reato presupposto.
Tale decisione si pone in contrasto con un’altra recentissima pronuncia della Suprema Corte, la n.40724/2024, secondo la quale, invece, nei procedimenti nei confronti degli enti è sempre necessario lo svolgimento dell’udienza preliminare sulla base del tenore letterale dell’art.59 D.lgs. 231/01 che, rinviando all’art. 407-bis c.p.p., non contiene un riferimento diretto alla modalità di esercizio dell’azione penale mediante citazione diretta.
Con la sentenza in commento, i giudici di legittimità hanno invece sottolineato come il Decreto 231, con riferimento alle forme di contestazione degli illeciti amministrativi, sia ispirato al principio di trattazione unitaria dei procedimenti e al principio di economia processuale.
Coerentemente al principio generale della trattazione unitaria – nell’ambito dello stesso procedimento – dell’accertamento della responsabilità penale per l’imputato e di quella amministrativa per l’ente, la Suprema Corte ha quindi affermato che il rito da seguire per l’ente è lo stesso cui è soggetto l’imputato persona fisica e l’udienza preliminare va celebrata solo quando prevista per il reato presupposto.
Infatti, aderendo all’opposto orientamento che richiede la necessità dell’udienza preliminare, si opererebbe una sistematica ed irragionevole separazione dei procedimenti in caso di reato per il quale è richiesta la citazione diretta.
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dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaREATI TRIBUTARI SOLIDARIETÀ TRA GLI INDAGATI SOLO IN CASO DI IMPOSSIBILITÀ DI RICOSTRUIRE I SINGOLI PROFITTI
La Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sent. n.9973/2025, ha confermato un importante principio già affermato dalle Sezioni Unite in tema di sequestri e confische nei reati tributari.
Il principio ribadito dalla Suprema Corte è quello della proporzionalità tra quanto confiscato ad ogni indagato e l’effettiva quota di profitto dallo stesso conseguita a seguito della commissione del reato.
In caso di concorso di persone nel reato tributario, infatti, il regime di solidarietà tra gli indagati opera esclusivamente nell’ipotesi di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo.
Nella sentenza in commento, pertanto, la Corte ha accolto un’interpretazione già largamente diffusa, secondo cui, “solo nel caso in cui la natura della fattispecie concreta ed i rapporti economici ad essa sottostanti non consentano di individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti” (Cfr. Cass. Pen. sent. n.33757/2022).
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
On. Avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaRIFORMA NORDIO: IN APPELLO NESSUN OBBLIGO PER IL DIFENSORE DI FIDUCIA DI DEPOSITARE MANDATO AD IMPUGNARE
In applicazione del principio “tempus regit actum”, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.8375/2025, ha accolto il ricorso presentato da un imputato avverso la decisione con cui la Corte di Appello di Bologna aveva dichiarato inammissibile l’appello presentato nell’interesse dello stesso sulla base della mancanza dello specifico mandato ad impugnare ex art.581, co.1 quater c.p.p.
Correttamente, la Suprema Corte, ha rilevato che a decorrere dall’entrata in vigore della L. n.114/2024 (cd Riforma Nordio), l’obbligo di depositare specifico mandato ad impugnare non sussiste più in capo al difensore di fiducia.
Ed infatti, la Riforma Nordio, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”, all’art.2, comma 1, lett. o) ha abrogato il comma 1-ter dell’art.581 c.p.p. e ha inserito al comma 1-quater, dopo le parole “del difensore” le parole “d’ufficio”.
Di conseguenza, alle impugnazioni proposte dopo il 24 agosto 2024, si applicherà la nuova disciplina prevista dalla Riforma e non sarà quindi necessario il deposito dello specifico mandato ad impugnare né della dichiarazione/elezione di domicilio a pena di inammissibilità.
Tale obbligo continuerà a trovare applicazione invece per l’impugnazione presentata dal difensore d’ufficio.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaLEGITTIMO IMPEDIMENTO: ANCHE UN IMPEGNO SUBENTRATO SUCCESSIVAMENTE PUÒ ESSERE CONSIDERATO PREVALENTE RISPETTO AD ALTRO PREESISTENTE
Con la sentenza n. 7276/2025, la prima sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento.
In particolare, la Corte ha stabilito che in caso di rinvio per legittimo impedimento per impegno sopravvenuto del difensore, “la priorità temporale è solo un parametro di valutazione, ma non richiede che l’impegno sia sorto prima, bensì che sia tempestivamente comunicato”.
Ed infatti, la decisione sull’istanza di rinvio richiede al giudice di merito un bilanciamento tra l’interesse difensivo e quello pubblico all’immediata trattazione del processo.
Nel caso in esame, il difensore lamentava la violazione del diritto di difesa da parte del Tribunale che aveva rigettato l’istanza di rinvio per concomitante impegno professionale dello stesso innanzi alla Suprema corte di Cassazione, in quanto sorto successivamente.
Nella sentenza in commento, i giudici di legittimità, hanno ribadito che “l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento, che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire a condizione che sia documentato e che il difensore 1) prospetti l’inadempimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; 2) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; 3) rappresenti l’assenza in detto procedimento di un difensore che possa validamente difendere l’imputato; 4) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art.102 c.p.p. sia nel processo in cui intende partecipare sia in quello in cui richiede il rinvio”.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaI LIMITI AL RIUSO DELLE ACQUE REFLUE
Il Regolamento UE 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio mira a disciplinare il riutilizzo dell’acqua al fine di migliorare la sostenibilità dei sistemi di approvvigionamento idrico.
Questo Regolamento, in particolare, definisce i requisiti minimi per l’utilizzo delle acque reflue trattate, soprattutto per l’irrigazione agricola e in Italia sarà reso esecutivo mediante un Dpr posto in consultazione in una prima bozza dal Ministero dell’ambiente nel marzo 2023.
L’attuazione della disciplina europea ha fatto emergere, però, delle criticità che potrebbero limitare il riutilizzo delle acque reflue.
Infatti, da un lato, l’art.4 della bozza prevede che le acque affinate debbano rispettare determinati standard di qualità, requisito che sarebbe difficile da rispettare in quanto nel caso di riuso diretto è prevista la miscelazione di acque diverse.
Dall’altro lato, il fatto che le acque di riuso possano essere miscelate con altre acque potrebbe richiedere dei costi elevati gravanti sulle reti di distribuzione (Consorzi di Bonifica).
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaD.LGS.231/01 IL SEQUESTRO PREVENTIVO DEVE ESSERE ISPIRATO ALLA PROPORZIONALITÀ LUNGO TUTTA LA FASE DELLA SUA EFFICACIA
In tema di responsabilità dell’ente ex D. Lgs.231/01, quando a questo sia applicato il sequestro preventivo impeditivo, il giudice deve tener conto del principio di proporzionalità non solo nella fase genetica della misura cautelare ma per tutta la durata della sua efficacia.
A rafforzare tale criterio è intervenuta la Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n.2836 del 23 gennaio 2025, che ribadisce la centralità del principio di proporzionalità quando trova applicazione il vincolo preventivo.
Ed infatti, quest’ultimo non può trasformarsi in una indeterminata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica, dovendo, al contrario, essere modulato coerentemente al suo scopo che è quello di evitare l’aggravamento del reato, la protrazione delle sue conseguenze o l’agevolazione di altri reati.
Il principio di proporzionalità, volto proprio ad evitare che l’ente possa subire gravi conseguenze a seguito dell’applicazione del sequestro preventivo, deve ispirare l’intera durata dello stesso, in modo da “graduare e modellare il vincolo imposto, anche in relazione alle sopravvenienze che possono intervenire, affinché lo stesso non comporti restrizioni più incisive dei diritti fondamentali rispetto a quelli strettamente funzionali a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare nel caso di specie”.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaD.LGS.231/01 LE NORME SULLA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI SI APPLICANO ANCHE ALLE SRL UNIPERSONALI
Con la sentenza n.42611/2024 la Corte di Cassazione ha ribadito un importante principio di diritto riguardante l’applicabilità alle S.r.l. unipersonali della disciplina relativa alla responsabilità degli enti ex D.lgs. 231/01.
La Suprema Corte ha infatti rafforzato un principio già ampiamente condiviso in giurisprudenza per cui il Decreto 231 trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica e quindi anche nei confronti della società unipersonale che è distinta dalla persona fisica che ne detiene le quote (Cfr. Cass. Sent.49056/2017).
Tale principio lo si ricava direttamente dal tenore testuale dell’art.1 del D.lgs. 231/01, a mente del quale le disposizioni previste dal decreto si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica, evocando quindi l’intero spettro di soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica.
Dal momento che la società unipersonale è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio, cui la legge riconosce una personalità diversa da quella della persona fisica, questa rappresenta un autonomo centro di imputazione di interessi.
Di conseguenza, al fine di accertare se vi siano i presupposti per poter affermare la responsabilità dell’ente, occorrerà effettuare una verifica in concreto che non è legata solo a criteri quantitativi, cioè di dimensioni dell’impresa, quanto, piuttosto, “a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo “governa”, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente – di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio” (Cfr. Cass. Sez. VI, sent. n.45100/2021).
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
On. Avv. Giuseppe Scozzari
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