D.LGS.231/01. LA CANCELLAZIONE DELL’ENTE DAL REGISTRO COMPORTA L’ESTINZIONE DEL GIUDIZIO
Con la sent. n.1419/2023 la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in tema di responsabilità da reato dell’ente ex D.Lgs.231/01, ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di una società cancellata dal Registro in seguito a liquidazione.
La riforma del diritto societario ha comportato, infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2004, l’estinzione della persona giuridica come conseguenza della cancellazione della società del registro delle imprese.
Secondo i giudici della Corte d’appello, quindi, “l’estinzione definitiva dell’ente determina, per la persona giuridica, lo stesso effetto che la morte fisiologica determina per un soggetto fisico, segnatamente la cessazione definitiva ed irreversibile di tutte le funzioni vitali ad esso connesse, ciò che rende comprensibili i motivi per cui la legge prevede l’estinzione del reato: la pena non sarebbe eseguibile e non avrebbe, comunque, alcun senso sanzionare un soggetto che non esiste più, in quanto il processo verrebbe celebrato inutilmente, con un antieconomico dispendio di tempo e di energie”.
A tale conclusione la Corte è giunta colmando il vuoto normativo del D.lgs.231/01, che non prevede una specifica disciplina sul punto, con il principio sancito dall’art.27 della Costituzione.
La disposizione costituzionale, prevedendo che “la responsabilità penale è personale”, comporta il rifiuto di ogni forma di responsabilità oggettiva. La stessa, inoltre, sancisce il principio della funzione rieducativa della pena.
Sulla base di tali principi, la Corte ha ritenuto che la sanzione inflitta ad un ente cancellato dal Registro, quindi civilmente inesistente, non risponderebbe ad alcuna delle funzioni ad essa attribuite dalla nostra Costituzione.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaCONDOMINIO: ESONERO DALLE SPESE INERENTI LA MANUTENZIONE E LA CONSERVAZIONE DELL’ANTENNA CENTRALIZZATA IN ASSENZA DI RICEZIONE DEL SEGNALE TV. (artt. 1120 e 1122 bis c.c.)
La normativa recente si pone l’obbiettivo di favorire le innovazioni e la centralizzazione degli impianti nei condomini, si fa riferimento agli interventi in materia di: sicurezza e salubrità degli edifici; eliminazione delle “barriere architettoniche”; installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; la ricezione radiotelevisiva e l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo.
Nonostante questo obbiettivo di centralizzazione dei servizi, rimane sempre in vigore e tutelato dall’ordinamento il diritto di installazione di impianti individuali da parte del singolo condomino, libero dalle scelte condominiali e, quindi, dalle decisioni e dagli ostruzionismi dell’assemblea, unici limiti imposti sono costituiti dalla conservazione delle parti comuni e delle reti pubbliche nonché la preservazione del decoro architettonico dell’edificio.
L’art. 1120 c.c., novellato nel 2012, disciplina le innovazioni dirette al miglioramento del condominio, attraverso l’installazione di impianti centralizzati; mentre l’art. 1122 bis c.c., garantisce il suddetto diritto di intervento individuale.
In tema di telecomunicazioni l’art. 1122 bis c.c. preserva e garantisce l’installazione di impianti non centralizzati e individuali, confermando l’esistenza di un c.d. “diritto all’antenna” che trova tutela costituzionale nell’art. 21 Cost. (libera manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione).
Negli ultimi anni si è diffusa la centralizzazione degli impianti condominiali e, in particolare, l’antenna destinata a servire la singola unità immobiliare residua negli edifici perché ormai quasi tutti i condomini sono dotati di un impianto centralizzato di ricezione radiotelevisiva avvolte anche a discapito del decoro architettonico.
Tralasciando la questione relativa al canone tv obbligatorio individuale, la manutenzione e la conservazione dell’antenna centralizzata rientrano fra le spese condominiali relative ai beni comuni e vengono ripartite in ragione dei millesimi posseduti da ciascun condomino, prescindendo dal numero di apparecchi televisivi posseduti.
Il problema sorge quando un condomino, a differenza degli altri, non riceve perfettamente il segnale dall’antenna centralizzata: in questi casi, fermo l’obbligo dell’amministratore di intervenire per fare eseguire le opportune riparazioni con addebito delle spese a tutti i condomini, non si può imporre all’assemblea di deliberare la sostituzione dell’impianto centralizzato in quanto, proprio in forza dell’alternativa concessa dalla legge dell’installazione di un impianto individuale, non è affatto pregiudicato il suo diritto all’informazione; di contro, è pacifico invece l’esonero del condomino che non riceve il segnale dal partecipare alle spese inerenti la manutenzione e la conservazione dell’antenna condominiale centralizzata.
Avv. Biagio Cimò
ContinuaD.LGS. 231/01. DECRETO “OMNIBUS”. RAFFORZATA LA DISCIPLINA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ DELL’ENTE
Sì della Camera e del Senato al decreto legge omnibus.
Il d.l. 105/2023 approvato dalle camere in via definitiva il 4 ottobre 2023, introduce importanti novità in materia di giustizia.
Le disposizioni di maggiore interesse penalistico riguardano la disciplina delle intercettazioni, la tutela dell’ambiente e la responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato.
L’art. 6 ter al secondo comma amplia il novero dei reati presupposto la cui commissione può determinare la responsabilità dell’impresa arricchendo il catalogo già previsto dall’art. 24 del D.Lgs. 231/01.
Ai reati presupposto già previsti (la malversazione di erogazioni pubbliche, indebita percezione di erogazioni pubbliche, frode nelle pubbliche forniture, truffa ai danni dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica ai danni dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea), il decreto omnibus aggiunge i seguenti reati:
– turbata libertà degli incanti;
– turbata libertà nella selezione del contraente;
– trasferimento fraudolento di valori.
Da oggi, quindi, anche la commissione di uno dei delitti previsti dal nuovo decreto farà scattare la responsabilità amministrativa da reato dell’ente ex D.Lgs. 231/01.
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dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaCANONE IDRICO DIMEZZATO SE L’ACQUA FORNITA NON E’ POTABILE (Tribunale di Nuoro sentenza n. 412/2023)
Con la sentenza n.412/2023 il Tribunale di Nuoro è intervenuto sulla questione relativa alla fornitura e alla qualità dell’acqua destinata al consumo umano; detta sentenza, si pone fra la vecchia (d.lgs. n. 31/2001 abrogato) e la nuova disciplina (d.lgs. n. 18/2023, in attuazione della direttiva europea 2020/2184) entrata in vigore nel marzo del 2023.
Brevemente, il nuovo d.lgs. n. 18/2023, oltre a prevedere responsabilità e sanzioni in capo al proprietario dell’immobile o all’amministratore di condominio (in relazione alla fase della “distribuzione interna”) e in capo alla responsabile della fornitura e distribuzione idrica (in relazione alla fase della “distribuzione esterna”), ha l’obbiettivo di garantire che l’acqua sia salubre e pulita, non deve contenere microrganismi, virus o parassiti, né altre sostanze in quantità tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.
La vicenda sottoposta al vaglio del Tribunale di Nuoro, iniziata sotto la vigenza della precedente normativa, vedeva coinvolto un condominio (residence) di 90 appartamenti e la società di fornitura dell’utenza idrica. I condomini, vista l’esosità e la non potabilità dell’acqua fornita, non avevano pagato il canone idrico e, pertanto, la società fornitrice aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio.
L’amministratore del condominio, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, aveva eccepito le doglianze suddette innanzi al Tribunale e chiedeva una riduzione del prezzo e un rimborso per l’eventuale eccedenza pagata. La società idrica, da parte sua, respingeva ogni responsabilità sulla potabilità dell’acqua, e attribuiva il problema alla cattiva manutenzione delle reti comunali.
Dopo una consulenza tecnica, il Tribunale accertava che il contatore del condominio funzionava correttamente e che non vi erano perdite nelle condutture; inoltre si riconosceva che l’acqua fornita non era potabile come dimostrato anche dalle ordinanze comunali.
Alla luce di quanto emerso, il Tribunale concludeva statuendo che: l’acqua destinata al consumo umano deve essere potabile, idonea per la preparazione di cibi e bevande, e non deve rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana pertanto, se il fornitore non rispetta queste condizioni e non dimostra di aver fatto tutto il possibile per risolvere il problema o di aver impiegato la necessaria diligenza per rimuovere gli ostacoli frapposti all’esatto adempimento, è ritenuto responsabile; nel caso in esame ciò non era avvenuto, quindi il decreto ingiuntivo veniva revocato e al condominio veniva riconosciuto il diritto di pagare una somma ridotta (del 50% circa) del canone idrico.
Avv. Biagio Cimò
ContinuaRESPONSABILITÀ DELL’ENTE: NECESSARIA CONCRETA ATTUAZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO PER IL RICONOSCIMENTO DELLA RIDUZIONE DELLA SANZIONE PECUNIARIA
Con la sent. n.38025/2022 la IV sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al riconoscimento dell’attenuante prevista per le sanzioni pecuniarie applicate all’ente ex D.Lgs. 231/01, in caso di adozione del modello organizzativo.
La norma di riferimento è contenuta all’art. 12, comma 2, lett. b, del citato decreto ai sensi del quale:
“La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:
a) l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.”
Ha ribadito la Suprema Corte, coerentemente alla lettera della norma, che, ai fini del riconoscimento dell’attenuante, è necessario che il modello organizzativo venga “reso operativo”.
In altri termini, non basta la mera nomina dell’organismo di vigilanza e la semplice adozione del modello.
È necessario altresì che il modello preveda in concreto le prassi e le procedure idonee a prevenire quei reati che potrebbero più facilmente verificarsi in relazione alla specifica attività svolta dall’ente.
Solo se il modello organizzativo viene concretamente attuato, l’ente potrà beneficiare della riduzione della sanzione pecuniaria prevista dal decreto.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaD.LGS.231/01: I PRESUPPOSTI CHE GIUSTIFICANO L’APPLICAZIONE DI UNA MISURA CAUTELARE INTERDITTIVA NEI CONFRONTI DELL’ENTE
Con la sent. n. 17371/23 la II sezione penale della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza circa la questione dei presupposti in presenza dei quali è possibile applicare la misura cautelare dell’interdizione dall’esercizio dell’attività ai sensi del D.Lgs.231/01.
L’art.13 del citato decreto dispone che:
“Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
b) in caso di reiterazione degli illeciti”.
La Corte ha chiarito che “ai fini dell’applicazione delle sanzioni interdittive, è sufficiente che sussista uno dei due presupposti indicati nell’art.13”.
Pertanto, la misura interdittiva, nel caso in cui è prevista, troverà senz’altro applicazione quando vi sia o un notevole guadagno dell’ente derivante dalla commissione dell’illecito, oppure un pericolo di reiterazione dello stesso, non essendo necessario che ricorrano entrambi i presupposti.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaD.Lgs 231/01. IL MANTENIMENTO DI UN MACCHINARIO VECCHIO ED IRREGOLARE, DAL CUI UTILIZZO DISCENDA UN INFORTUNIO PER IL LAVORATORE, COMPORTA LA CONFIGURABILITÀ DEL REATO DI LESIONI COLPOSE IN CAPO ALL’ENTE.
Con la sent. n. 2848/2020 la Corte di Cassazione ha ribadito la sussistenza della responsabilità da reato dell’ente in caso di violazione della normativa antinfortunistica.
Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n.231/01, infatti, con riguardo all’imputazione oggettiva della responsabilità all’ente, è necessario che il reato presupposto sia commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione o gestione o da dipendenti sottoposti alla direzione o vigilanza di tali soggetti, nell’interesse dell’ente.
La Suprema Corte ha statuito che tale interesse va letto, nella prospettiva patrimoniale dell’ente “come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale”.
Rientra in tale circostanza il mancato acquisto di nuovi macchinari o la mancata messa in sicurezza di quelli vecchi, consentendo all’ente un risparmio di spesa.
In tale situazione, nemmeno l’eventuale colpa concorrente del lavoratore, in termini di negligenza, è idonea ad escludere la responsabilità dei soggetti aventi l’obbligo di sicurezza.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaIl rifiuto si identifica attraverso dati obiettivi. La Cassazione ribadisce i termini per la corretta attribuzione della qualifica. Art. 256 co. 2° Dlgs 152/06.
Secondo la Suprema Corte (sentenza n. 24680/2023) la scelta personale del detentore del rifiuto se qualificarlo o meno rifiuto non è sufficiente se non è supportata da dati obiettivi. La Cassazione sulla base della definizione di cui all’art. 183 Dlgs 156/06, precisa che si intende rifiuto «tutto ciò di cui il detentore si sia disfatto ovvero intenda disfarsi o sia obbligato a farlo». Per la Corte “disfarsi” significa anche recuperare e\o smaltire, ritenendo, inoltre, che ben poco vale la volontà del detentore se ad essa non corrispondono elementi oggettivi che ne provino l’eventuale processo di recupero.
Nel caso esaminato dalla Corte, a seguito di accertamento tecnico, il rifiuto era stato abbandonato alla “rinfusa” ed esposto agli agenti atmosferici, cosa che ne rendeva improbabile la qualifica di sottoprodotto destinato al recupero e, pertanto, ha ritenuto sussistente il reato di gestione non autorizzata di rifiuti.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
ContinuaDECRETO 231/01. SICUREZZA SUL LAVORO E RESPONSABILITÀ: LE NUOVE LINEE GUIDA INAIL
Con le nuove linee guida rese disponibili sul proprio sito l’INAIL fornisce le direttive per il monitoraggio e la valutazione del rischio della commissione dei reati relativi a salute e sicurezza sul lavoro.
L’istituto fornisce alle imprese un importante strumento per rilevare i potenziali rischi e adeguare, di conseguenza, il modello organizzativo in modo da raggiungere l’efficacia esimente della responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs.231/01.
A causa della molteplicità dei potenziali rischi presenti e delle disposizioni normative applicabili, non sempre è facile per l’impresa individuare le modalità più opportune per una corretta organizzazione della sicurezza.
A tal fine, in base alle nuove linee di indirizzo, un modello organizzativo rispondente alle necessità di cui al D.Lgs. 231/01 deve rispondere a requisiti specifici, quali:
– rappresentare le attività di funzione potenzialmente sensibili;
– consentire l’identificazione dei responsabili di processo;
– guidare nella rappresentazione realistica della situazione “as is”;
– svolgere una valutazione oggettiva delle performances sulla base di una attenta valutazione delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro;
– guidare nell’identificazione ed attuazione delle azioni correttive.
https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-linee-guida-monit-valut-rischio-commis-reati.pdf
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
ContinuaDlgs 74/00. Omessa presentazione dichiarazione. Patteggiamento ammesso anche in assenza del pagamento debito tributario.
La Corte di Cassazione con una importantissima sentenza (n. 31024/23) ha statuito che l’imprenditore che omette la presentazione della dichiarazione (Redditi ed Iva art. 5) può patteggiare la pena anche se non ha assolto al pagamento del debito tributario.
La Corte con un ragionamento di straordinaria logicità ha asserito che il pagamento del debito tributario, se assolto nei termini previsti dalla legge, comporta la non punibilità, quindi in caso contrario non avrebbe senso negare il patteggiamento.
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on. avv. Giuseppe Scozzari
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