WHISTLEBLOWING IL LICENZIAMENTO IRROGATO A CAUSA DELLE SEGNALAZIONI DEVE CONSIDERARSI RITORSIVO E PRIVO DI GIUSTA CAUSA
In materia di segnalazione di condotte illecite sul luogo di lavoro, il D.lgs. 24/2023, cd Decreto “Whistleblowing”, si preoccupa di tutelare i soggetti che decidono di fare delle segnalazioni in relazione ad illeciti o irregolarità di cui siano a conoscenza.
La principale tutela offerta ai cd “segnalanti” è quella offerta dall’art. 17 del Decreto, che pone un divieto di ritorsione nei confronti di chi abbia segnalato irregolarità o illeciti sul luogo di lavoro. Tra le fattispecie che la norma considera ritorsive rientrano, tra le altre: il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti; la retrocessione di grado o la mancata promozione; la riduzione dello stipendio; la sospensione della formazione; le note di merito negative; la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole.
In tema di licenziamento appare molto interessante la recente sentenza della Corte di Cassazionen.12688/2024, con cui si è pronunciata sul ricorso presentato dal dirigente di una società il quale sosteneva di essere stato licenziato a causa delle varie denunce di presunte irregolarità riferibili ai vertici aziendali.
Nonostante i giudici di primo e secondo grado avessero ritenuto il licenziamento legittimo per “giusta causa”, la Suprema Corte ha accolto il ricorso ritenendo che la Corte territoriale non avesse in realtà valutato correttamente l’intero contesto di irrogazione della sanzione.
Infatti, il licenziamento, aveva fatto seguito ad una serie di atti di ridimensionamento posti in essere proprio in ragione delle segnalazioni e denunce effettuate dal ricorrente e, secondo la Corte, i giudici di merito non avevano tenuto in debita considerazione questa circostanza.
Richiamando recenti pronunce, la Cassazione ha inoltre affermato che “in tema di licenziamento ritorsivo, l’accoglimento della domanda di accertamento della nullità è subordinata alla verifica che l’intento di vendetta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di risolvere il rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso”.
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Dott.ssa Concetta Sferrazza
on. avv. Giuseppe Scozzari